Si chiamava Giovanni Psenner. Tanti e tanti anni fa, quando frequentavo le elementari, era il mio bravissimo maestro, a cui sarò sempre grato. Un giorno (ero in quinta) gli chiesi un consiglio: era più adatto a me Guerra e pace oppure I fratelli Karamazov? Invece di umiliarmi dicendo "aspetta di crescere, perchè adesso non sono certo adatti a te, nè l'uno nè l'altro", mi disse che secondo lui rientrava più nei miei gusti il secondo. E, comunque, mi raccomandò di non scoraggiarmi se l'avessi trovato molto impegnativo. Il prima possibile, mutto fiero, mi procurai il librone in biblioteca civica (a casa non l'avevamo) e cominciai a leggerlo. Dopo una quarantina di pagine lo mollai. Ripresi I Karamazov poco dopo, uno o due anni, e mi appassionò (anche se molte cose mi sfuggivano): era il 1966 e lo so con precisione perchè io e papà lo trovammo in edicola a Roiano, in due volumi, nella bellissima collana economica dei Classici Sansoni. E' la copia che ancora possiedo ed è quella che sto rileggendo ora. Esiste un romanzo più grande? Nei Fratelli Karamazov Fedor Dostoevskji mette le mani e la scrittura nei temi più importanti delle nostre vite: l'amore e il sesso, la colpa, il castigo, la violenza, la gelosia, la fede, il senso dell'esistenza, il potere, la credulità popolare, gli inferni di certe famiglie, la verità, la menzogna, la giustizia, la redenzione, la responsabilità degli intellettuali. Ma non si limita a scrivere un astratto e gelido libro di idee, perchè le incarna in un robustissimo romanzo che trabocca mistero, avventure, passioni e colpi di scena. Mettendo in scena personaggi che è difficile dimenticare (il vecchio Fedor e i suoi figli Alioscia, Ivan e Dimitrj, Smerdjakov il servitore-figlio non riconosciuto, il monaco Zosima, due donne come Grusenka e Katarina) e i cui destini intreccia con stregonesca abilità. Mille e più pagine che prima si divorano con un gusto adolescenziale e poi germogliano come preziosi semi.
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