Sul mensile Konrad in uscita oggi c'è questo mio articolo:
LA COVATA A MEZZO: la democrazia italiana secondo Gustavo Zagrebelsky
(di Luciano Comida)
Il francese Georges Dumézil fu un grande studioso del secolo scorso e i suoi libri sulle antiche società indo-europee sono molto utili per capire cosa non va nell’Italia dei nostri giorni. Lo racconta Gustavo Zagrebelsky a Trieste durante la lezione su “Democrazia e uguaglianza”. Trecento persone attente, immobili, in silenzio, ad ascoltare per due ore questo professore di Giustizia Costituzionale dell’Università di Torino, presidente emerito della Corte Costituzionale che parla di questioni guiridiche. Tra il pubblico nessuno sbadiglia, nessuno se ne va, non vola una mosca e non solo perché è inverno ma perché il tema è avvincente come pochi: il modo in cui la democrazia ci sta cambiando sotto gli occhi, la maniera in cui la libertà e l’uguaglianza ci vengono pian piano sottratte con il nostro plauso. Anzi con il nostro applauso. Per provare a dipanare la matassa, torniamo a Dumézil e ai suoi studi, poi ripresi da molti altri, tra cui l’americano Ronald Dworkin. Fin dall’antichità, le società hanno funzionato e funzionano in maniera equilibrata o abbastanza equilibrata se rispettano una condizione fondamentale. Questa: se il comando politico, la funzione economica e la cultura sono indipendenti e autonomi (o IL PIU’ indipendenti e autonomi) l’uno dall’altro. Al contrario, più essi si sovrappongono e più aumenta il rischio di una società totalitaria: se una persona ottiene un grande successo in un campo (ad esempio nell’economia) è rischioso che decida di utilizzarlo anche nel campo della politica e in quello della cultura. Perché vi è il rischio di un conflitto di interessi. Ma se queste cose le intuivano gli antichi, certamente le sapevano benissimo gli uomini che nel 1948 scrissero la Costituzione della Repubblica italiana. Che infatti, all’articolo 3, cita esplicitamente il concetto base attorno a cui ruota tutta l’impalcatura della Carta fondamentale del nostro paese: “tutti i cittadini…sono uguali…senza distinzione”. Ma le cose non stanno così. o almeno non stanno più così: la democrazia italiana (dice Zagrebelsky) è sempre più corrosa dal proprio interno. La società è ormai divisa in tre grandi strati: gli invisibili, i privilegiati, i bloccati. Gli invisibili sono le persone alla deriva, i senza legge, i clandestini. I privilegiati sono i potenti, anche loro senza legge, ma in tutt’altro modo: per loro la legge non conta perchè possono violarla impunemente e se la legge disturba troppo, la cambiano a proprio uso e consumo. In mezzo, c’è la vasta classe dei bloccati, quelli che annaspano e temono di sprofondare tra gli invisibili. Davanti a questo scenario sociale dove stanno finendo i principi della Costituzione? Eppure i concetti (giustizia, libertà, uguaglianza, diritti) sono ancora lì, tutti li usano, i partiti li citano, i governi li scrivono. Ma le oligarchie (e non è questione di destra o di sinistra) hanno svuotato quei concetti di ogni significato. Basti pensare alla parola “politica”: per i potenti è la conservazione di privilegi, per gli inermi è uno strumento per ottenere i propri diritti. Ma quando viene a mancare l’uguaglianza (continua Zagrebelsky), tutto va di conseguenza: l’amministrazione della giustizia penale e civile diventa rigidamente classista, il lavoro non è più un diritto ma una merce di cui si è costretti a fare mercato, il sistema elettorale toglie ai cittadini la possibilità di scegliere direttamente gli eletti. Insomma, la Costituzione è in bilico: viene vista in modi difformi e con princìpi molto diversi. Chi vorrebbe stravolgerla assesta alla Carta piccole ma continue spallate, in attesa dell’attacco finale. Chi vorrebbe mantenerla attende, fingendo di non vedere e sperando che l’attacco finale non arrivi mai.
Cosa si può fare per difendere la democrazia italiana? Come dovrebbe muoversi un cittadino senza partito e senza potere ma animato da passione civile? Zagrebelsky prova a rispondere: “Questo dovevamo dire. Cosa potevamo fare? Almeno avremo fatto quello che credevamo di dover fare”.
E cosa accadrà? Quali sbocchi attendono la democrazia italiana? Ovviamente non lo sa nessuno e uno studioso serio non può buttarsi a fare l’indovino. Così, Gustavo Zagrebelsky usa una frase di Fedor Dostoevsky: “la covata è a mezzo”
Sa qual è uno dei miei tanti sogni, professore? Gli dico alla fine, mentre sta fumando una sigaretta dopo che molte persone gli hanno chiesto l’autografo su uno dei suoi libri.
Mi dica.
Che lei diventi presidente della Repubblica.
Zagrebelsky si mette a ridere: Intanto ho il suo voto.
Spero non solo il mio. Però (preciso io per far bella figura) in Italia non c’è ancora l’elezione diretta del capo dello Stato.
E meno male.
Due suggerimenti:
Il crucifige e la democrazia (Einaudi, 128 pagine, 9 euro), ricostruendo in modo appassionante il processo a Gesù e a Barabba, Zagrebelsky analizza i rischi del populismo.
Contro l’etica della verità (Laterza, 158 pagine, 15 euro), raccolta di articoli su laicità, etica, democrazia.
La lezione faceva parte del corso di formazione per la cittadinanza consapevole organizzato da Dialoghi Europei-Centro di Studi Economici e Sociali – Laboratorio Democratico Bruno Pincherle
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