Stefano Cucchi è morto in un modo orribile, gonfio e sfigurato, solo e abbandonato, alcuni giorni dopo essere stato arrestato e incarcerato per spaccio di stupefacenti.
Adesso, la famiglia, le persone che gli hanno voluto bene, gli italiani che credono nella giustizia chiedono due cose: conoscere chi ha causato quella tragedia e sapere che le responsabilità saranno stabilite, per davvero, dalla legge.
Purtroppo il ministro della Difesa Ignazio La Russa e altri come lui non sono in grado di capire, e temo non riusciranno a comprendere mai, un fatto molto semplice: i cittadini onesti pretendono l'accertamento della verità non in odio alle forze dell'ordine ma per il motivo esattamente opposto: noi esigiamo che polizia e carabinieri rispettino la legalità e trattino ogni persona, ogni arrestato, ogni detenuto, come un essere umano. Noi cittadini dalla parte della giustizia e della libertà siamo convinti che, in uno stato democratico, gli uomini e le donne delle forze dell'ordine sono uno dei pilastri della legalità. Ma proprio per questo motivo devono rispettare la legge e ad essa venir sottoposti, come tutti gli altri cittadini, nessuno escluso.
OGGI 12 MARZO 2010 E' ARRIVATA LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA, PRESIEDUTA DAL SENATORE DEL PD IGNAZIO MARINO
Stefano Cucchi è morto per disidratazione mentre era detenuto in ospedale, dopo aver rifiutato «almeno in parte», cure e cibo: non per capriccio, ma perché voleva parlare con un avvocato. Non c’è riuscito, e nessuno l’ha avvisato che stava rischiando la vita; fu ricoverato che pesava 52 chili, quattro giorni dopo era arrivato a 42. S’è spento nella notte fra il 21 e il 22 ottobre, e quando gli hanno praticato la rianimazione aveva smesso di vivere da quasi tre ore; medici e infermieri, insomma, tentavano di rianimare un cadavere.
Aveva anche delle lesioni, il trentunenne arrestato per 20 grammi di hashish e due di cocaina: agli occhi, alla terza vertebra lombare e all’osso sacro. Lesioni recenti «di origine traumatica», che se non hanno direttamente a che fare con la morte risultavano comunque dalle visite effettuate dopo l’arresto di Cucchi, ma nessuno le segnalò alla magistratura.
Sono le conclusioni dell’indagine sul caso del detenuto morto nel reparto carcerario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino. La relazione finale, redatta dai senatori Vincenzo Galioto del Pdl e Albertina Soliani del Pd, è pronta e sarà votata mercoledì prossimo. Il documento è stato limato in ogni passaggio, dopo che ripetuti rinvii avevano messo in dubbio la possibilità di arrivare a un risultato condiviso da tutti; per questo dovrebbe essere approvato all’unanimità, fondato com’è su audizioni, documenti e soprattutto sul lavoro dei periti incaricati di rispondere a specifici quesiti.
Sono stati proprio i due consulenti, Vincenzo Pascali e Rodolfo Proietti, a fissare il decesso di Cucchi «alle ore 3 del 22 ottobre», come si legge all’inizio della relazione, che più avanti chiarisce: «La morte è avvenuta probabilmente due o tre ore prima che il paziente fosse rianimato. Pertanto anche il medico che ha praticato le manovre rianimatorie (tra le 6.15 e le 6.45 del mattino, ndr), notando una rigidità dei muscoli del collo e dell’articolazione temporo-mandibolare, sapeva che il paziente era morto e da tempo». Gli stessi medici del Pertini, nella serata del 21 ottobre, viste le preoccupanti condizioni del detenuto, avevano preparato una relazione da inviare all’autorità giudiziaria, che non fu mai trasmessa perché poche ore dopo Cucchi ha smesso di vivere. «Ciò nonostante non è stato predisposto un monitoraggio continuo delle condizioni del paziente», accusa la relazione, che aggiunge una sconsolante considerazione: «Nessun medico, nella giornata antecedente al decesso, si è probabilmente reso conto che la situazione aveva ormai raggiunto un punto di non ritorno». Altrimenti avrebbero dovuto far capire a Cucchi quello che gli stava succedendo, e sarebbero dovute scattare le contromisure indicate dagli stessi consulenti: «Raggiunto nella giornata del 21 il punto di massimo criticità (punto di non ritorno), il paziente avrebbe dovuto essere monitorizzato con maggiore intensità, nel timore di un evento mortale, attendendo il profilarsi dell’opportunità di intervenire».
L’altra conclusione rilevante riguarda i «traumi» che Cucchi aveva al momento del ricovero, «che i consulenti tecnici ritengono essere stati probabilmente inferti». Cioè provocati da qualcuno, e in tempi ravvicinati alla morte. Le ecchimosi intorno agli occhi «sono state probabilmente prodotte da una succussione (letteralmente significa scuotimento, ndr) diretta delle due orbite; analogamente le lesioni alla colonna vertebrale sembrano potersi associare ad un trauma recente; sempre ad una lesione traumatica è collegabile la frattura al livello del sacro-coccige».
Sono particolari importanti, perché l’inchiesta giudiziaria (tre poliziotti penitenziari sono indagati per omicidio preterintenzionale per le presunte percosse, mentre sei medici del Pertini sono accusati di omicidio colposo) è ferma in attesa delle perizie; indiscrezioni delle scorse settimane riferivano che secondo i consulenti del pubblico ministero le lesioni di Cucchi sarebbero precedenti al suo arresto, una addirittura congenita. I periti della commissione Marino sembrano affermare il contrario, e le loro conclusioni saranno inviate alla Procura di Roma, insieme alla relazione. Nella quale i commissari auspicano che l’indagine penale chiarisca i punti che restano oscuri sulla morte di Stefano Cucchi. I parlamentari ne elencano quattro: «Chi ha inferto le lesioni al signor Cucchi; le ragioni di una procedura così anomala per il trasferimento presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini; chi ha la responsabilità di non aver dato corso alle richieste di colloquio formulate dal detenuto, lasciando così quest’ultimo in una condizione psicologica che ha certamente influito sul suo rifiuto di cure; chi ha la responsabilità della mancata identificazione prima dell’exitus di una condizione clinica così grave da mettere a rischio la vita».
ADESSO VEDREMO SE IL PARLAMENTO VOTERA' QUESTA RELAZIONE
Alla memoria di Stefano, dedico una canzone di Bruce Springsteen: American skin (41 shots).
Scarica YouTube - AMERICAN SKIN (41 SHOTS) Bruce Springsteen, sottotitoli in italiano
La scrisse per una bruttissima tragedia americana causata dalla violenza di quattro poliziotti, poi coperti dalla casta e dal Potere.
A New York, il 4 febbraio 1999, verso le 0.30, il ventiduenne Ahmed Amadou Diallo, venditore ambulante immigrato dalla Guinea senza precedenti penali, disarmato, tornava a casa dopo aver venduto oggettini, sciarpette, cappelli, guanti e videocassette.
Quattro poliziotti lo incontrarono vicino al suo appartamento.
Pochi minuti dopo iniziò la sparatoria.
Ahmed finì macellato di colpi esplosi a distanza ravvicinata: 41 proiettili conficcati nel suo corpo riverso in una pozza di sangue nell'atrio illuminato del palazzo con accanto, per terra, il portafoglio.
Secondo la versione ufficiale, i poliziotti avevano scambiato il suo portafoglio per un'arma.
Quando Bruce Springsteen scrisse e suonò America skin, i dirigenti della polizia newyorkese e l'allora sindaco repubblicano Rudolph Giuliani lo accusarono di seminare odio. Senza capire niente: Bruce
si schierava contro la brutalità del Potere perchè stava con la giustizia e la libertà, dalla parte delle vittime e della verità.
La stessa parte di chi adesso, in Italia, vuole sapere come e perchè è morto Stefano Cucchi.
Più di un anno fa, raccontai la tragica morte di Riccardo Rasman. Morto a Trieste durante un arresto:
http://lucianoidefix.typepad.com/nuovo_ringhio_di_idefix_l/2008/07/a-trieste-la-br.html
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