Per il bene della sinistra italiana, un suggerimento:
D'Alema e Veltroni, datevi la mano, stringetevi in un fraterno abbraccio e buttatevi giù da un burrone.
Oggi, mi avete fatto subire l'ennesima goccia della vostra dannosa faida.
Nato nel luglio del 1942, il Partito d'Azione riprendeva il nome del movimento politico fondato durante il Risorgimento da Giuseppe Mazzini. Di ispirazione radicale, repubblicana e liberal-socialista, si sciolse presto, nel 1947.
Le sue radici erano nel movimento clandestino antifascista di Giustizia e Libertà (fondato dai fratelli Carlo e Nello Rosselli, assassinati in Francia) e nelle brigate partigiane Giustizia e Libertà, che riunivano gli antifascisti esplicitamente repubblicani, non comunisti e non cattolici.
I sette punti programmatici fondamentali (diversissimi da quelli del PCI) erano:
repubblica parlamentare con rigida divisione dei poteri,
forte decentramento politico-amministrativo regionale,
nazionalizzazione delle grandi industrie,
profonda riforma agraria,
ampia libertà sindacale,
laicità dello Stato e netta separazione fra Stato e Chiesa,
proposta di una Federazione europea dei liberi stati democratici.
Purtroppo, nella sinistra italiana del Dopoguerra, vinse una linea ben diversa:
il compromessismo filo-sovietico del PCI che cedette troppo spesso alla Democrazia Cristiana, la subalternità del PSI ai comunisti.
Comunque, gli azionisti e la cultura azionista (come fecondo polline) rimasero: Ferruccio Parri, Emilio Lussu, Vittorio Foa, Giorgio Bocca, Riccardo Lombardi, Bruno Trentin, Carlo Azeglio Ciampi, Luigi Meneghello, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Ernesto Rossi, Leo Valiani, Tristano Codignola, Carlo Arturo Jemolo, Ugo La Malfa, Beniamino Placido, Dino Risi, Alberto Ongaro, Paolo Sylos Labini, Enzo Biagi, Norberto Bobbio, carlo Levi, Nuto Revelli, Andrea Zanzotto, Eugenio Montale, Paolo Spriano, Aurelio Peccei...
La lista è lunga e splendida.
Il 19 dicembre 2009, Massimo D'Alema (inzuppato di cinico compromessismo fino alle midolla) rilascia un'intervista in cui elogia la lingua in bocca con l'avversario, in particolare Berlusconi.
E critica con asprezza la "cultura azionista che non ha mai fatto bene al Paese”.
Oggi, con un articolo su Repubblica (Il paese ha bisogno dei valori dell'azionismo), gli replica Walter Veltroni.
intendiamoci: un testo quasi tutto condivisibile. Se non fosse che la firma è, appunto, di Veltroni.
Perchè va sempre ricordato il grande scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus che diceva: "Non contano solo le cose dette ma anche chi le dice"
E dunque l'elogio del Partito d'azione (fatto da Walter Veltroni un mese e mezzo dopo l'attacco portato da Massimo D'Alema) è fasullo:
è solo l'ennesima puntata della lunghissima faida tra questi due duellanti.
Per il bene della sinistra italiana, un suggerimento:
D'Alema e Veltroni, datevi la mano, stringetevi in un fraterno abbraccio e buttatevi giù da un burrone.
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