Da un paio di giorni sto leggendo un romanzo importante, denso e pesante (nel senso di "opera di grande peso letterario e umano"): LA PESTE di Albert Camus, un autore a cui mi sto (in ritardo, in colpevole ritardo) avvicinando sempre più. A Orano, nell'Algeria francese, attorno al 1947, arriva un'epidemia di peste. Il libro racconta la resistenza, spoglia e antiretorica, priva di eroismi e romanticherie, di chi combatte contro la malattia. Descrizioni di lancinante lirismo, dialoghi secchi e spesso filosofici, aforismi su cui tornare e ritornare, lampi di grottesco (il vecchio che sputa ai gatti, Grand che da anni lavora alla prima pagina di un proprio romanzo), ritmo lento ma colmo di fascino. Nella peste non c'è solo la peste, ma la metafora del male. Il protagonista, il dottor Rieux, dice: "E' un'idea che può far ridere ma l'unica maniera di lottare contro la peste è l'onestà"
Nemmeno 250 pagine, un capolavoro.
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