Stanotte ho letto un piccolo e utile libretto sull neo-lingua, il linguaggio distorto e degenerato della nostra vita pubblica. Sono 58 paginette dense ma chiare e scorrevoli che (partendo dalle espressioni scendere in politica, contratto, amore, doni, mantenuti,italiani, prima Repubblica, assolutamente, fare-lavorare-decidere, le tasche degli italiani, politicamente corretto) tracciano un ritratto sottotraccia di questi anni. Mettendo in luce le inquietanti ambiguità di quelle parole e del loro uso improprio. Rilevando con stupore a amarezza come la sinistra italiana sia da troppo tempo succube del berlusconismo anche nell'uso delle parole e delle metafore. La resistenza al degrado politico etico culturale comincia dal linguaggio.
L'autore è Gustavo Zagrebelsky, ex-presidente della Corte Costituzionale, docente di diritto costituzionale all'Università di Torino, autore di ottimi saggi (come Il crucifige e la democrazia, Contro l'etica della verità o Imparare democrazia). Se dipendesse da me, sarebbe anche il prossimo presidente della Repubblica.
Condivido al mille per cento. Creiamo un movimento per Zagrebelsky for president?
Anche per evitare il rischio D'Alema (ma certo non solo per quello).
Scritto da: Dario Predonzan | 06/12/2010 a 01:24
con tutto il rispetto per zagrebelsky, che sarebbe un degno presidente della repubblica, non condivido questa crociata contro il linguaggio della politica, e non solo della politica, nella quale anche umberto eco ed altri intellettuali si stanno cimentando.
la botte dà il vino che ha. se gli uomini che contano, speriamo ancora per poco, sono berlusconi e bossi non ci si deve stupire che il mi consenta o il dito medio siano diventati parte del linguaggio di tutti.
è stata proprio l'intellighenzia, in modo trasversale, a definire berlusconi il principe della comunicazione o bossi un animale politico, e non vedo perchè ci si debba stupire perchè abbiano fatto scuola.
d'altra parte, la televisione ha il suo linguaggio, con i giornalisti affetti da congiuntivite, la gelmini vuole equiparare il cepu alla sorbona, sallusti fa il direttore di un quotidiano, che ci si può aspettare?
purtroppo, al di là della forma del linguaggio, è il contenuto che si sta sempre più impoverendo.
la sinistra. ha sempre avuto un proprio politichese che era forse più fastidioso dell'adeguamento attuale all'andazzo generale.
ma poi, la politica ha sempre avuto un suo linguaggio, pieno di figure retoriche tipo l'ossimoro delle convergenze parallele, ma c'era un bilanciamento che veniva dalla satira. certi modi di esprimersi venivano derisi e morivano.
mi ricordo che alcuni anni fa, quando sabina guzzanti faceva la parodia di berlusconi o di dalema sulla tv pubblica, il mi consenta era nettamente calato. poi, chi fa satira viene buttato fuori o relegato alle ore notturne...
Scritto da: marcob | 06/12/2010 a 09:00
Marcob: probabilmente il mio post è scritto male. Perchè il libretto di Zagrebelsky non è un pamphlet sui vezzi del brutto linguaggio. Ma cerca di svelare come (dietro espressioni in apparenza innocue...ad esempio "amore" o "assolutamente") si nascondano grandi insidie. Quelle tipiche di tutti i regimi autoritari, che (lo raccontava anche Orwell in 1984) agiscono anche sul linguaggio. E Zagrebelsky cita altri testi importanti (tra cui La lingua del terzo Reich di Klemperer).
Scritto da: luciano / idefix | 06/12/2010 a 11:57
Dario: sono d'accordissimo. Potremmo far partire quest'idea da Konrad.
Scritto da: luciano / idefix | 06/12/2010 a 11:58
vuol dire che la prima volta che verro in italia mi cercherò il libro e lo leggerò. mi hai convinto. su zagrebelsky for president ci sono anch'io.
Scritto da: marcob | 06/12/2010 a 12:17
Anche a me piace molto Zagretc. Anche io lo voglio for president.
Comunque - a proposito di quello che diceva Marcob. Un motivo per cui non si riesce a vincere noantri è che.
1. Berlusconi ha messo in luce l'importanza della strategia della comunicazione e ne ha proposta una sua - orenda.
2. La sinistra ha fatto la lezione sua, non cercando un proprio stile di relazione e comunicazione ma oscillando tra rimanere in quello vecchio e copiare quello nuovo.
In questo Vendola è molto bravo e qualcosa mi pare che si inventi. Ma il libro di cui parla Luciano indica anche una strada alla costruzione di una strategia linguistica diversa e che esca dalla semplificazione che per quanto mi concerne, sarà anche antielitaria ma è parente gemella della demagogia.
Scritto da: zauberei | 06/12/2010 a 13:47
Sui punti 1) e 2), condordo (purtroppo).
Il libretto di Zagrebelsky (già per il cognome, sarebbe bello un presidente così) esamina quelle parole "ambigue", ne svela il sottofondo demagogico e autoritario ma accenna solo appena appena a "cosa fare" e "cosa dire". Intanto, saper cosa "non fare e non dire" è già utile.
Scritto da: luciano / idefix | 06/12/2010 a 14:59