Lo stabilimento di Pomigliano, la proposta di Sergio Marchionne, le pressioni del governo e di Confindustria, il consenso di Cisl e Uil, i tentennamenti della Cgil, in no dei metalmeccanici della Fiom.
La posta in gioco è molto chiara.
Su un piatto della bilancia: mantenere il posto di lavoro.
Sull'altro piatto: essere i nuovi schiavi del Duemila.
Perchè la globalizzazione e la competitività questo significano realmente:
che i lavoratori occidentali (a cominciare dagli operai) diventino servi della gleba, con diritti sempre più risicati, controllati da robot giapponesi, tenuti per la gola dalle sempre più mostruose multinazionali che li ricattano puntandogli il coltello alla carotide ("o così o fuori dalle balle").
Il problema è : come fermiamo questo meccanismo diabolico senza che vada per aria tutto quanto?
Non saprei come fermare tutto questo, ma so per certo che andrebbe fermato. Non è in gioco soltanto la vicenda di Pomigliano: qua si sta replicando quanto era succcesso con la marcia dei 40.000 a Torino, si vuole scalare un altro gradino, per ridurre a definitiva impotenza il sindacato, all'effettivo ritorno ad una condizione di schiavismo nelle fabbriche. Tutto è dalla parte della Fiat: un governo complice, un sindacato diviso, una sinistra in cerca di sé stessa, il ricatto della disoccupazione, la classe operaia ormai all'angolo, stretta tra cassa integrazioe e precariato. Ma sopra tutto ciò, una cultura ormai frammentata e incoerente, che non riesce a individuare nemmeno una minima base di corretta coesistenza tra i divergenti interessi di operai ed aziende. La strada da indicare dovrebbe essere quella, senz'altro più complessa, di fare avanzare le condizioni di lavoro nei paesi dell'Asia, e invece si va in senso contario, facendo regredire redditi e diritti dei lavoratori dell'Occidente per assimilarli a quelli degli schiavi che producono a costo irrisorio nel terzo mondo.
Eppure una rivolta almeno in termini intellettuali sarebbe possibile: far comprendere che atteggiamenti come quelli di Marchionne non possono trovare posto in una democrazia avanzata (al contrario di quanto ha affermato oggi Tremonti).
Ma la cosa fuggirà presto dalle prime pagine dei quotidiani: chissà come sarà il tempo in Costa Smeralda, quest'estate?
Scritto da: Walter | 14/06/2010 a 21:22
E' esattamente il discorso che facevo con mia moglie questa sera.
Prima di parlare di come sarà il tempo in Costa Smeralda.
Scritto da: luciano / idefix | 14/06/2010 a 22:44
Apriamo gli occhi.
Guardiamo CHI sono - ORA - i nostri concorrenti, cerchiamo di capire QUANTO il mondo sia cambiato.
Avete presente cosa sta avvenendo nei Paesi del BRIC ?
Voi seriamente pensate che "tutto possa restare come prima "?
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 00:25
http://tusitala.blog.kataweb.it/2010/06/15/la-casa-brucia-aggiornato/
:
gli ultimi due mesi delle aziende italiane
-
http://tusitala.blog.kataweb.it/2010/06/15/roberto-saviano-cosi-parla-un-vero-leader/
:
dov'è il nostro Leader ? Quali sono le sue competenze in Economia ?
Ha almeno riunito ed allertato un gruppo di esperti per esaminare la situazione ?
-
Il mio punto di vista su Sergio Marchionne
:
http://tusitala.blog.kataweb.it/2010/06/15/sergio-marchionne-le-interrogazioni-di-un-leader-aziendale/
-
http://tusitala.blog.kataweb.it/2010/06/15/nmegp-5-2025-il-mondo-capovolto/
:
ecco a voi le previsioni
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 06:53
Io non nego certamente i dati della crisi.
Dico due cose diverse:
1) la crisi è il frutto avvelenato di QUESTO sistema delle multinazionali, del capitalismo incontrollato, della globalizzazione selvaggia, del folle mito della crescita continua, del profitto per il profitto, del forsennato arricchimento di pochi mascalzoni,
2) la strada per uscire dalla crisi non può e non deve essere il ritorno alla schiavitù per milioni di lavoratori.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 08:13
Stiamo parlando dello stesso Sergio Marchionne che è stato accolto con un applauso dagli operai in USA?
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 10:57
Offender, potresti spiegarmi meglio che vuoi dire? Non ho capito.
Non sarà che gli applausi riservati a Marchionne negli States erano dovuti ad un salvataggio in corner della Chrysler in un momento davvero drammatico per l'azienda ed il paese? (esattamente come quello che viviamo noi adesso). In ogni caso, se non ricordo male, c'era anche la Germania a concorrere per l'acquisto dell'azienda. Per gli stabilimenti di Pomigliano non mi sembra di vedere acquirenti stranieri che stanno facendo a cazzotti.
Qui è un fatto tutto italiano, la FIAT non ha messo in vendita Pomigliano, vuole solo fingere di salvarla con un contratto capestro.
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 11:31
Il testo dell'accordo su Pomigliano
1) Orario di lavoro
La produzione della futura Panda si realizzerà con l'utilizzo degli impianti di produzione per 24 ore giornaliere e per 6 giorni la settimana, comprensivi del sabato, con uno schema di turnazione articolato a 18 turni settimanali.
L'attività lavorativa degli addetti alla produzione e collegati (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario e ferma la durata dell'orario individuale contrattuale, sarà articolata su tre turni giornalieri di 8 ore ciascuno a rotazione, secondo i seguenti orari:
•primo turno dalle ore 6.00 alle ore 14.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 13.30 alle ore 14.00;
•secondo turno dalle ore 14.00 alle ore 22.00, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 21.30 alle ore 22.00;
•terzo turno dalle ore 22.00 alle ore 6.00 del giorno successivo, con la mezz'ora retribuita per la refezione dalle ore 5.30 alle ore 6.00.
La settimana lavorativa avrà pertanto inizio alle ore 6.00 del lunedì e cesserà alle ore 6.00 della domenica successiva.
Lo schema di orario prevede il riposo individuale a scorrimento nella settimana.
L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 1° - 3° - 2°
Il 18° turno, cadente tra le ore 22.00 del sabato e le ore 6.00 del giorno successivo, sarà coperto con la retribuzione afferente la festività del 4 Novembre e/o con una/due festività cadenti di domenica (sulla base del calendario annuo), con i permessi per i lavoratori operanti sul terzo turno maturati secondo le modalità previste dall'accordo 27 Marzo 1993 (mezz'ora accantonata sul terzo turno per 16 turni notturni effettivamente lavorati pari a 8 ore) e con la fruizione di permessi annui retribuiti (P. A. R. contrattuali) sino a concorrenza.
Le attività di manutenzione saranno invece svolte per 24 ore giornaliere nell'arco di 7 giorni la settimana per 21 turni settimanali. L'attività lavorativa degli addetti (quadri, impiegati e operai), a regime ordinario, sarà articolata su 3 turni strutturali di 8 ore ciascuno, con la mezz'ora retribuita per la refezione nell'arco del turno di lavoro a rotazione e con riposi individuali settimanali a scorrimento.
L'orario di lavoro giornaliero dei lavoratori addetti al turno centrale (quadri, impiegati e operai) va dalle ore 8.00 alle ore 17.00, con un'ora di intervallo non retribuito.
Per i quadri e gli impiegati addetti al turno centrale si conferma l'attuale sistema di flessibilità dell'orario di lavoro giornaliero (orario in entrata dalle ore 8 alle ore 9 calcolato a decorrere dal primo dodicesimo di ora utile). In alternativa, su richiesta delle Organizzazioni Sindacali nel caso in cui intendessero avvalersi della facoltà di deroga a quanto previsto dal D. Lgs. 66/2003 e successive modifiche e integrazioni in materia di riposi giornalieri e settimanali.
Lo schema di orario per lo stabilimento prevede, a livello individuale, una settimana a 6 giorni lavorativi e una a 4 giorni. L'articolazione dei turni avverrà secondo lo schema di turnazione settimanale di seguito indicata: 3° - 2° - 1°
Nella settimana a 4 giorni saranno fruiti 2 giorni consecutivi di riposo secondo il seguente schema:
- lunedì e martedì
ovvero
-mercoledì e giovedì
ovvero
-venerdì e sabato.
Preso atto delle richieste da parte delle Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, al fine di non effettuare il 18° turno al sabato notte, lo stesso viene anticipato strutturalmente alla domenica notte precedente. Pertanto il riposo settimanale domenicale avviene dalle ore 22 del sabato alle ore 22 della domenica.
2) Lavoro straordinario
Per far fronte alle esigenze produttive di avviamenti, recuperi o punte di mercato, l'azienda potrà far ricorso a lavoro straordinario per 80 ore annue pro capite, senza preventivo accordo sindacale, da effettuare a turni interi.
Nel caso dell'organizzazione dell'orario di lavoro sulla rotazione a 18 turni, il lavoro straordinario potrà essere effettuato a turni interi nel 18° turno, già coperto da retribuzione secondo le modalità indicate al capitolo orario di lavoro, o nelle giornate di riposo.
L'Azienda comunicherà ai lavoratori, di norma con 4 giorni di anticipo, la necessità di ricorso al suddetto lavoro straordinario e terrà conto di esigenze personali entro il limite del 20% con sostituzione tramite personale volontario.
Con accordo individuale tra azienda e lavoratore, l'attività lavorativa sul 18° turno potrà essere svolta a regime ordinario, con le maggiorazioni del lavoro notturno: in tal caso non si darà corso alla copertura retributiva collettiva del 18° turno.
Il lavoro straordinario, nell'ambito delle 200 ore annue pro capite, potrà essere effettuato per esigenze produttive, tenuto conto del sistema articolato di pause collettive nell'arco del turno, durante la mezz'ora di intervallo tra la fine dell'attività lavorativa di un turno e l'inizio dell'attività lavorativa del turno successivo. In questo caso la comunicazione ai lavoratori del lavoro straordinario per esigenze produttive saranno effettuate con un preavviso minimo di 48 ore.
3) Rapporto diretti-indiretti
Con l'avvio della produzione della futura Panda e in relazione al programma formativo saranno riassegnate ai lavoratori le mansioni necessarie per assicurare un corretto equilibrio tra operai diretti e indiretti, garantendo ai lavoratori la retribuzione e l'inquadramento precedentemente acquisiti, anche sulla base di quanto previsto dall'art. 4, comma 11, Legge 223/91. Inoltre, a fronte di particolari fabbisogni organizzativi potrà essere richiesto ai lavoratori, compatibilmente con le loro competenze professionali, la successiva assegnazione ad altre postazioni di lavoro.
4) Bilanciamenti produttivi
La quantità di produzione prevista da effettuare per ogni turno, su ciascuna linea, e il corretto rapporto produzione/organico saranno assicurati mediante la gestione della mobilità interna da area ad area nella prima ora del turno in relazione agli eventuali operai mancanti o, nell'arco del turno, per fronteggiare le perdite derivanti da eventuali fermate tecniche e produttive.
5) Organizzazione del lavoro
Per riportare il sistema produttivo dello stabilimento Giambattista Vico alle migliori condizioni degli standard internazionali di competitività, si opererà, da un lato, sulle tecnologie e sul prodotto e, dall'altro lato, sul miglioramento dei livelli di prestazione lavorativa con le modalità previste dal sistema WCM e dal sistema Ergo-UAS.
Le soluzioni ergonomiche migliorative, derivanti dall'applicazione del sistema Ergo-UAS, permettono, sulle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo, un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo, nell'arco del turno di lavoro, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Sui tratti di linea meccanizzata denominati "passo - passo", in cui l'avanzamento è determinato dai lavoratori mediante il cosiddetto "pulsante di consenso", le soluzioni ergonomiche migliorative permettono un regime di tre pause di 10 minuti ciascuna, fruite in modo collettivo o individuale a scorrimento sulla base delle condizioni tecnico-organizzative, che sostituiscono le attuali due pause di 20 minuti ciascuna. Per tutti i restanti lavoratori diretti e collegati al ciclo produttivo le soluzioni ergonomiche migliorative permettono la conferma della pausa di 20 minuti, da fruire anche in due pause di 10 minuti ciascuna in modo collettivo o individuale a scorrimento.
Con l'avvio del nuovo regime di pause, i 10 minuti di incremento della prestazione lavorativa nell'arco del turno, per gli addetti alle linee a trazione meccanizzata con scocche in movimento continuo e per gli addetti alle linee "passo-passo" a trazione meccanizzata con "pulsante di consenso", saranno monetizzati in una voce retributiva specifica denominata "indennità di prestazione collegata alla presenza".
L'importo forfetario, da corrispondere solo per le ore di effettiva prestazione lavorativa, con esclusione tra l'altro delle ore di inattività, della mezz'ora di mensa e delle assenze la cui copertura retributiva è per legge e/o contratto parificata alla prestazione lavorativa, per tutti gli aventi diritto, in misura di 0,1813 euro lordi ora. Tale importo è onnicomprensivo ed è escluso dal TFR, dal momento che, in sede di quantificazione, si è tenuto conto di ogni incidenza sugli istituti legali e/o contrattuali e pertanto il suddetto importo forfetario orario è comprensivo di tutti gli istituti legali e/o contrattuali.
6) Formazione
E' previsto un importante investimento in formazione per preparare i lavoratori e metterli in condizioni di operare nella nuova realtà produttiva. Le attività formative si svolgeranno contemporaneamente alla ristrutturazione degli impianti e saranno fortemente collegate alle logiche WCM. I corsi di formazione saranno tenuti con i lavoratori in cigs e le Parti convengono fin d'ora che la frequenza ai corsi sarà obbligatoria per i lavoratori interessati. Il rifiuto immotivato alla partecipazione nonché l'ingiustificata mancata frequenza ai corsi, oltre a dar luogo alle conseguenze di legge, costituirà a ogni effetto comportamento disciplinarmente perseguibile.
Non sarà richiesto a carico Azienda alcuna integrazione o sostegno al reddito, sotto qualsiasi forma diretta o indiretta, per i lavoratori in cigs che partecipino ai corsi di formazione.
7) Recuperi produttivi
Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario, entro i sei mesi successivi, oltre che nella mezz'ora di intervallo fra i turni, nel 18° turno (salvaguardando la copertura retributiva collettiva) o nei giorni di riposo individuale.
8) Assenteismo
Per contrastare forme anomale di assenteismo che si verifichino in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche, quali in via esemplificativa ma non esaustiva, astensioni collettive dal lavoro, manifestazioni esterne, messa in libertà per cause di forza maggiore o per mancanza di forniture, nel caso in cui la percentuale di assenteismo sia significativamente superiore alla media, viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell'azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell'evento. A tale proposito l'Azienda è disponibile a costituire una commissione paritetica, formata da un componente della RSU per ciascuna delle organizzazioni sindacali interessate e da responsabili aziendali, per esaminare i casi di particolare criticità a cui non applicare quanto sopra previsto.
Considerato l'elevato livello di assenteismo che si è in passato verificato nello stabilimento in concomitanza con le tornate elettorali politiche, amministrative e referendum, tale da compromettere la normale effettuazione dell'attività produttiva, lo stabilimento potrà essere chiuso per il tempo necessario e la copertura retributiva sarà effettuata con il ricorso a istituti retributivi collettivi (PAR residui e/o ferie) e l'eventuale recupero della produzione sarà effettuato senza oneri aggiuntivi a carico dell'azienda e secondo le modalità definite.
Il riconoscimento dei riposi/pagamenti, di cui alla normativa vigente in materia elettorale, sarà effettuato, in tale fattispecie, esclusivamente nei confronti dei presidenti, dei segretari e degli scrutatori di seggio regolarmente nominati e dietro presentazione di regolare certificazione. Saranno altresì individuate, a livello di stabilimento, le modalità per un'equilibrata gestione dei permessi retribuiti di legge e/o contratto nell'arco della settimana lavorativa.
9) Cigs
Il radicale intervento di ristrutturazione dello stabilimento Giambattista Vico per predisporre gli impianti alla produzione della futura Panda presuppone il riconoscimento, per tutto il periodo del piano di ristrutturazione, della cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per due anni dall'avvio degli investimenti, previo esperimento delle procedure di legge.
In considerazione degli articolati interventi impiantistici e formativi previsti nonché della necessità di mantenimento dei normali livelli di efficienza nelle attività previste, non potranno essere adottati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, non sussistendone le condizioni.
10) Abolizione voci retributive
A partire dal 1° gennaio 2011 sono abolite le seguenti voci retributive, di cui all'accordo del 4 maggio 1987 Parte III (Armonizzazione normativa e retributiva):
-paghe di posto
-indennità disagio linea
-premio mansione e premi speciali.
Le suddette voci, per i lavoratori per i quali siano considerate parte della retribuzione di riferimento nel mese di dicembre 2010, saranno accorpate nella voce "superminimo individuale non assorbibile" a far data dal 1° gennaio 2011 secondo importi forfettari.
11) Maggiorazioni lavoro straordinario, notturno e festivo
Sono confermate le attuali maggiorazioni comprensive dell'incidenza sugli istituti legali e contrattuali.
12) Polo logistico di Nola
E' confermata la missione del polo logistico della sede di Nola.
Eventuali future esigenze di organico potranno essere soddisfatte con il trasferimento di personale dalla sede di Pomigliano d'Arco.
13) Clausola di responsabilità
Tutti i punti di questo documento costituiscono un insieme integrato, sicché tutte le sue clausole sono correlate ed inscindibili tra loro, con la conseguenza che il mancato rispetto degli impegni eventualmente assunti dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU ovvero comportamenti idonei a rendere inesigibili le condizioni concordate per la realizzazione del Piano e i conseguenti diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti all'Azienda dal presente accordo, posti in essere dalle Organizzazioni Sindacali e/o dalla RSU, anche a livello di singoli componenti, libera l'Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici in materia di:
-contributi sindacali
-permessi sindacali retribuiti di 24 ore al trimestre per i componenti degli organi direttivi nazionali e provinciali delle Organizzazioni Sindacali
ed esonera l'Azienda dal riconoscimento e conseguente applicazione delle condizioni di miglior favore rispetto al CCNL Metalmeccanici contenute negli accordi aziendali in materia di:
-permessi sindacali aggiuntivi oltre le ore previste dalla legge 300/70 per i componenti della RSU
-riconoscimento della figura di esperto sindacale e relativi permessi sindacali.
Inoltre comportamenti, individuali e/o collettivi, dei lavoratori idonei a violare, in tutto o in parte e in misura significativa, le presenti clausole ovvero a rendere inesigibili i diritti o l'esercizio dei poteri riconosciuti da esso all'Azienda, facendo venir meno l'interesse aziendale alla permanenza dello scambio contrattuale ed inficiando lo spirito che lo anima, producono per l'Azienda gli stessi effetti liberatori di quanto indicato alla precedente parte del presente punto.
14) Clausole integrative del contratto individuale di lavoro
Le clausole indicate integrano la regolamentazione dei contratti individuali di lavoro al cui interno sono da considerarsi correlate ed inscindibili, sicché la violazione da parte del singolo lavoratore di una di esse costituisce infrazione disciplinare di cui agli elenchi, secondo gradualità, degli articoli contrattuali relativi ai provvedimenti disciplinari conservativi e ai licenziamenti per mancanze e comporta il venir meno dell'efficacia nei suoi confronti delle altre clausole.
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 11:34
La FIOM non riesce a suprerare la dialettica padrone/ lavoratore. Padrone, come mi ha apostrofato ieri un ex-collega Fiat, iscritto alla FIOM. Pensa te se devo sentirmi dire 'tu sei nato padrone'... Il sindacato ha un ruolo cruciale per creare valore non solo per gli operai, ma anche per lo sviluppo dell'economia di un paese. E non deve avere colori o ideologie politiche, deve rappresentare i lavoratori e basta. Basta a sindacati che hanno protetto il carrozzone Alitalia. Basta sindacati totalmente incompetenti che altro non sanno che lanciare slogan a cui non credono neppure piu' loro. Basta a dare la parola a creti idioti, che anche se in principio miei cari amici, si creano battaglie immaginarie tra lavoratori e padroni.
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 15/06/2010 a 11:37
L'economista Carlo Clericetti (non un guerrigliero delle Pampas) oggi scrive su Repubblica (non il bollettino del Partido Revolucionario del Pueblo Inferocido del Madagascar):
("Ho fatto un sogno". Nessun imprenditore italiano ha ripetuto la frase dello storico discorso di Martin Luther King sulla fine della discriminazione razziale, ma si può star certi che la maggior parte l'ha pensata. Ed è un sogno molto diverso da quello: il sogno di avere mano libera in fabbrica, sull'organizzazione del lavoro come sulle retribuzioni, senza avere il problema di subire scioperi come reazione. Il sogno di ottenere tutto questo non più con l'aiuto della polizia o dell'esercito, come si faceva nell'800, ma con la firma delle organizzazioni dei lavoratori. Formalmente non con una imposizione, dunque, ma offrendo una possibilità di scelta.
Certo, nel caso di Pomigliano l'alternativa è un po' asimmetrica: o si accettano le condizioni poste dall'azienda o la fabbrica chiude. Chiedersi se si proponga veramente una scelta sarebbe una domanda retorica. Ed è altamente probabile che anche il referendum tra i lavoratori, se si farà, scelga di mangiare quella minestra piuttosto che buttarsi dalla finestra.
Quella minestra, però, contiene ingredienti indigeribili. Non si tratta della fine della concezione del sindacato come "antagonista", come chiosa il candido segretario della Uil Luigi Angeletti. Tra quegli ingredienti c'è di fatto l'addio al contratto nazionale (già derogabile in base all'accordo sulle nuove relazioni sindacali, che la Cgil non ha firmato) e una rinuncia al diritto di sciopero, che la Costituzione garantisce addirittura come diritto individuale. C'è, in altre parole, tutto ciò che serve a far diventare irrilevante il sindacato, a guidarlo verso un sicuro declino, ancora una volta sul modello degli Stati Uniti, dove ormai meno del 10% dei lavoratori è iscritto a un sindacato.
Sono in molti a ritenere che questo non sia un problema, ma un obiettivo desiderabile. Ma a dire che sbagliano non è qualche sorpassata ideologia, ma la stessa storia dello sviluppo. Se si allunga lo sguardo a tutta la prospettiva dello sviluppo economico non si può non ammettere che è cresciuto di pari passo con il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. E piuttosto che avanzare il dilemma dell'uovo e della gallina bisognerebbe chiedersi se l'allargamento del benessere sociale non sia un qualcosa che è appunto necessario al buon funzionamento dell'economia, se un maggiore equilibrio nella distribuzione del reddito non sia una condizione che permette una crescita equilibrata, magari con meno accelerazioni, ma anche senza crisi drammatiche come quella degli anni '30 e come quella tuttora in atto.
Fino agli anni '70 del secolo scorso il "mega-trend" è stato di una maggiore diffusione del benessere, dagli anni '80 è invece iniziata una tendenza alla polarizzazione che con la globalizzazione si è accentuata, perché non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che viene posta l'alternativa su cui si deve decidere a Pomigliano. Ma dagli anni '80 le crisi - non solo finanziarie - si sono succedute a ritmo sempre più accelerato, fino a questa che ha coinvolto tutto il mondo. Per ognuna di queste crisi, presa singolarmente, si possono trovare spiegazioni specifiche, ma, se appunto si allunga lo sguardo, non è insensato chiedersi se non ci sia alla base uno stesso problema di fondo.
Secondo la "teoria del caos" un qualsiasi avvenimento, per quanto apparentemente insignificante, può provocare una serie di reazioni concatenate che possono sfociare in eventi di livello planetario. Non c'è bisogno che per il caso Pomigliano si paventi qualcosa del genere. Ma di certo può essere un altro passo che magari fa bene all'impresa nel breve periodo, ma male all'economia nel lungo termine.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 11:51
Credo che tra la schiavizzazione e l'acquiescenza ci sia di mezzo una profonda riforma del sindacato e una verifica della sua reale rappresentatività ( quanti operai, quanti PA, quanti pensionati etc). Ci sarebbe anche da porre al sindacato la domanda sul se è in grado di guardare al di là del cortile italiano a quanto sta succedendo sul mercato mondiale e al di là del suo particolare tornaconto di consenso.
Marchionne fa il suo mestiere, è il sindacato che chiudendosi a riccio su schemi consumati rischia di non fare il suo e, soprattutto di non trovare nuovi ed effiaci percorsi per difendere l'interesse dei lavoratori garantiti e non garantiti.
Scritto da: vigi | 15/06/2010 a 11:58
Volevo semplicemente porre l'accento su come la stessa persona sia riuscita in una nazione, sembra, a fare molto bene il suo lavoro, e in un'altra, sembra a farlo molto male. Il contratto proposto l'ho letto, ma non ho mai fatto l'operaio e non so dirvi quanto si discosti dalla normale turnazione. Non ho un'opinione su questa faccenda perché non ne conosco i termini, e non so dire se quanto proposto da Marchionne sia l'unica alternativa per non chiudere la fabbrica.
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 12:03
Tedeschi, anche a me, nato da un falegname e da una casalinga, mai una lira in tasca, a casa mentre i compagni di classe erano in gita, a novembre con le scarpe estive perché fino a Natale non si poteva comperarne di nuove, è stato detto più di una volta che ero un "padrone". Una volta addirittura, mentre entravo da un cliente, mi presi da uno dei sindacalisti che manifestavano all'esterno del "figlio di papà" :-)
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 12:11
Offender,
ho avuto occasione di incontrare (mentre studiavo, non per lavoro) il responsabile dei sindacati del porto di Barcelona. Un 'duro', uno che ha lottato per i lavoratori tutta la vita. Ma con una visione moderna del sindacato, senza ideologie politiche, senza mezzi fini. Dalla parte dei lavoratori, ma con onesta' intellettuale.
Leggo ora che Maurizio Landini, segretario generale del sindacato, ha disapprovato l’ipotesi di indire un referendum fra i lavoratori perché ritiene inopportuno sottoporre al voto accordi in palese contrasto con la Costituzione.
Non so a te, ma vedo talmente tanti spunti di disonesta' intellettuale che e' forse meglio che torni a lavorare, che qui mi licenziano in tre secondi altrimenti :)
Complimenti comunque per la tua determinazione!
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 15/06/2010 a 12:21
Vigi, tra la riforma del sindacato e la violazione di diritti inalienabili ce ne passa. Un accordo lo si può raggiungere senza ritornare ai tempi dello sfruttamento del lavoro di due secoli fa.
Marchionne vuole andare a produrre in Polonia perché lì gli operai costano molto, molto meno e lavorano senza sosta fino al logorio totale. Insomma si vuol prendere la gente per fame, non perché il lavoro è un diritto di tutti.
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 12:52
Offender, grazie per il chiarimento.
C'è da dire anche che negli Stati Uniti i sindacati non hanno lo stesso potere che hanno qui. Marchionne ha avuto la strada spianata all'estero e spera di averla anche qui dal nostro "s-governo". Questa è la ragione per cui vuole chiudere Pomigliano e spostare la produzione in Polonia.
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 12:57
Io capisco gli operai sottoposti al diktat padronale ("o così o vi licenzio subito").
Così come capisco chi cede alle minacce dei briganti di strada ("o la borsa o la vita").
Dico e ridico una cosa diversa: questa strada conduce l'uomo del Ventunesimo secolo verso la neo-schiavitù.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 12:59
Scusate, non si tratta di una domanda retorica né tanto meno provocatoria, ma sincera: quali sono i diritti che vengono violati, e perché la proposta di contratto è inaccettabile? Scusate ma come vi ripeto non ho mai fatto l'operaio e non so come venga organizzata solitamente la turnazione.
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 13:01
Offender, ci provo.
IN SINTESI SINTETICISSIMA E DISORDINATA
Orario di lavoro:
Lo spostamento della pausa mensa a fine turno è grave: quando ci si riposa e si recupera? Aumentano tutti i rischi.
Lavoro straordinario:
Le 80 ore si sommano alle 40 obbligatorie del Contratto nazionale, per un totale di 120 (15 giornate piene in un anno). La possibilità di fare straodrinari durante la pausa mensa è contro la legge (europea e nazionale:
Direttiva europea sugli orari e la Legge 66/2003). Il periodo minimo di riposo (11
ore) fra un turno e l’altro non è rispettato: l’obiettivo è (industrialmente) motivato ma senza esame con le Rsu porterà ad abusi.
Organizzazione del lavoro:
la Fiat ha rifiutato di esaminarla con una
commissione di esperti. Il risultato è (alla catena di montaggio) un grandissimo aumento del rischio e delle patologie. E chi fa finta di niente, ha mai lavorato alla catena di montaggio?
Recuperi produttivi:
Contarstano con la Legge 66/2003 sugli orari di lavoro e con la Direttiva europea.
Assenteismo:
A problemi veri la Fiat replica abolendo obblighi di legge (in materia di indennità
di malattia e di permessi elettorali).
Cassa integrazione
Le Rsu non contano un tubo.
Abolizione voci retributive:
Dal 1° gennaio 2011 saranno abolite: paghe di posto, indennità per il disagio linea, premio mansioni
e premi speciali, che verranno corrisposti sotto la voce “superminimo individuale
non assorbibile” . Ma (attenzione!!) i nuovi assunti non avranno nessun diritto a questa voce.
Polo logistico di Nola:
ll personale potrà venir trasferito da Pomigliano a Nola: decide solo la Fiat, nessun coinvolgimento delle Rsu.
Decadenza accordi:
L’accordo annulla ogni accordo precedente.
Clausola di responsabilità:
La Fiat avrà totale discrezionalità per decidere se una qualsiasi iniziativa
(dalla protesta allo sciopero) è in contrasto con uno qualsiasi dei punti dell’accordo. E dunque se l’iniziativa
costituisce una violazione dell’Accordo stesso e perciò agire nei confronti dei Sindacati.
In pratica: la Fiat può agire contro i Sindacati anche nel caso di iniziative non promosse dai Sindacati. E perciò affida alla rappresentanza sindacale il ruolo di “kapo” verso i lavoratori.
Clausole integrative del Contratto individuale di lavoro:
Il diritto individuale di aderire a uno sciopero (sancito dall’Art. 40 della Costituzione) diventa oggetto di provvedimento disciplinare, fino al licenziamento.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 13:42
Tutti a parlare di diritti inalienabili.
Diritti acquisiti quando nell'altra parte del mondo la gente moriva letteralmente di fame.(Vedi la Cina con Mao) Ora, grazie alle tecnologie, quella gente noi possiamo vederla in faccia, non possiamo più far finta che non esista (vedi ad esempio le persecuzioni nella Cambogia). Quella gente lotta per la sopravvivenza e per una bistecca al mese. Questo viene a ledere il nostro stile di vita in quanto loro concorrerebbero con metodi “sleali” (le sweatshops). Già ma quando però siamo stati noi i colonizzatori, ah già allora era un’altra cosa !
Merchionne deve poter fare degli utili e per fare utili deve riuscire a vendere i prodotti Fiat.
Con l’attuale situazione dei costi italiani secondo voi Merchionne riuscirebbe a vendere i prodotti Fiat ? Chi ce li compra ?
Se trovate acquirenti tutti i No della Fiom mi stanno bene.
Ma se non trovate gli acquirenti, cosa fate ?
Un compromesso.
La crisi l’abbiamo creata noi occidentali con il nostro volere troppo. Ora a qualcosa dobbiamo rinunciare.
Se la rinuncia la facciamo da soli ci costerà (forse) meno di quella che ci verrà imposta.
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 13:52
Posso dire che degli "utili" me ne strafotto? Che è un concetto che ha fatto troppi danni?
La BP (quella che ha inquinato il Golfo del Messico) si è spartita dieci miliardi di dollari di utili.
Io non so neanche come si scrive, una cifra simile.
E non so nemmeno quali possano essere le soluzioni per il Mondo (se le conoscessi, farei il politico, l'economista, il profeta, il guru).
Ma so per certo che la soluzione non può essere strafogare di ricchezze i piranha della globalizzazione (come quelli della BP) e nel contempo mettere le catene ai polsi e alle caviglie ai lavoratori.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 14:08
No Luciano. Non puoi strafottertene degli utili. Gli utili servono, sono esattamente come lo stipendio che tu porti a casa ogni mese. Altrimenti con cosa camperesti ?
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E' sugli utili "esagerati" che possiamo discutere e sulla loro ridistribuzione. Ma gli utili d'impresa ci devono essere.
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 14:22
Non è - assolutamente - il concetto di "utili" che ha fatto troppi danni:
gli utili, ripeto, servono per andare avanti.
Se mi dici che te ne strafotti degli utili, allora lavora senza stipendio: per quanto tempo resisterai ?
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 14:24
Luciano,
se per caso ti interessasse approfondire i concetti di economia, gestione aziendale e management mi permetto consigliarti le opere di Peter Drucker.
Peter Drucker ha scritto così tanto che non oso indirizzarti verso un volume piuttosto che un altro.
E' stato abbondanetemente tradotto in italiano e puoi trovare i suoi libri sotto ogni forma: interi, ridotti, rilegati o paperback.
Peter Drucker è stato (è morto da poco) definito - a ragione - il padre del Management
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 14:31
PS= Gli utili d'impresa ci devono essere: altrimenti come e con cosa paga le tasse ?
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 14:33
P@ola, non ti sembra di fare un discorso un po' troppo allargato? Certo, dobbiamo confrontarci con paesi come la Cina e l'India, ma a che prezzo?
I diritti. Si Paola, i diritti, proprio quelli. E sono inalienabili. Ciò non toglie che ci siano anche i doveri, ovviamente. I lavoratori di Pomigliano non stanno chiedendo di essere pagati per non lavorare. E se i guru della finanza e dell'economia, come li definisce Luciano, sanno fare i calcoli solo in base ai profitti e agli utili senza prevedere un margine oltre il quale si va "in crisi" (per tutte le ragioni che non sto ad elencare, ma che conosciamo bene tutti), non vedo per quale ragione non si debba riportarli alla decenza e alla ragione mostrando loro dove sbagliano e dove hanno sbagliato. Io non sono un esperta di economia, ma penso che certi ricatti non si debbano e non si possano fare.
Marchionne e tutti quelli come lui, capitani d'industria, vanno in quei paesi la cui situazione è quella che tu descrivi (cioè di fame) per approfittare di manodopera a basso costo. E quando anche quei mercati saranno saturi, leveranno le tende anche da lì lasciando la gente per strada a fare di nuovo la fame.
Ti sembra un modo onesto e corretto di "fare affari"? Essere conniventi di governi che se ne fottono del destino dei propri cittadini equivale ad essere gran pezzi di merda. In nome dei profitti e degli utili si commettono ingiustizie e scempi ovunque. Se Marchionne ora fa la voce grossa con i sindacati e tenta di imporre il suo diktat è perché sa di avere un appoggio nel nostro governicchio. Non più tardi di ieri Tremonti ha detto che il contratto proposto per Pomigliano è un esempio da seguire.
Tira tu stessa le somme.
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 14:36
E aggiungo: bisogna fare come la Cina per poterla affrontare e superare? Lavorare senza sosta, senza diritti, guadagnare sempre meno e produrre sempre più anche a costo di una qualità scadente?
E' questa la soluzione ai problemi economici mondiali, italiani e della FIAT di Pomigliano?
Ammazza che fantasia!!!
Scritto da: Alessandra | 15/06/2010 a 14:40
Alessandra,
bisogna fare un discorso allargato.
BISOGNA, assolutamente.
Ora siamo 3 Billion people
(http://tusitala.blog.kataweb.it/2010/06/15/globality-3-billion-people)
e “The next wave of competitors
will dwarf what has come before.”
NoN si può più NoN tenerne conto.
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 15:01
Alessandra,
dopo l'ultimo lavoro svolto l'estate scorsa per la BBocconi sul "Posizionamento delle ziende italiane in Cina"
ti posso dire che in Italia vi è la più totale ignoranza di cosa sia il sistema Cina e cosa sono i paesi del BRIC.
Non voglio assolutamente offenderti.
Anch'io ero partita con idee come le tue e impiegai tre mesi di studi e ricerche per realmente capire cosa sta succedendo.
Ripeto non voglio offenderti Alessandra ma bisogna avere chiare le informazioni di come stanno "realmente" le cose nel mondo intero.
Di questo se ne dovrebbe occupare il Governo, invece figurati ora si chiudono anche gli uffici ICE. Il Governo Non solo NoN ci informa della realtà ma non sa neppure che esista una realtà GLOBALE di cui conosce solo le escort straniere.
Scritto da: P@ola | 15/06/2010 a 15:08
Ok, noi diciamo no agli utili, diciamo no ai diktat di Marchionne, diciamo no a quello che riteniamo un attentato ai "diritti inalienabili", diciamo no...
Ottimo. In Italia, in Campania, a Pomigliano d'Arco. Contiamo meno del due di picche, la globalizzazione ci passa sopra come uno tsunami e travolge i nostri minuscoli no.
Risultato? Abbiamo la soddisfazione di aver detto dei no e di avere sempre più disoccupati e cassaintegrati...ma vuoi mettere la soddisfazione...
Scritto da: vigi | 15/06/2010 a 15:11
A Vigevano, in una situazione difficile, gli operai hanno scavalcato il sinacato e cercato l'accordo.
Si veda: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_giugno_15/del-frate-operai-contro-sindacato-vigevano-sigma-1703202593467.shtml
Provate a immaginare cosa succederebbe alla Cgil se una cosa analoga ( e probabile se si consulteranno gli operai) accadesse a Pomigliano.
Scritto da: vigi | 15/06/2010 a 15:20
risposta alla domanda iniziale di luciano nel post:
QUESTO è IL CAPITALISMO BELLEZZA, E TU NON PUOI FARCI NIENTE!
il capitalismo determina come ovvia conseguenza del suo modello che qualcuno vinca (spesso barando sulle regole) e che molti perdano. e se il mondo è globale è ancora peggio perchè ci sono dei posti dove per 2 lire la gente è disposta a fare qualsiasi cosa...
fine della storia.
Scritto da: Giordano | 15/06/2010 a 17:46
Sono d'accordo con Giornano.
Ma mi spegate allora perchè definirsi "comunista" è scandalo alle orecchie altrui e puro masochismo per chi osa dirlo?
O cerchiamo ancora (io spero esista) la terza via con la lanterna di Diogene?
E mi spiegate perchè tutti gioivano alla caduta del muro di Berlino, con annessi e connessi, e gridavano : "Evviva evviva! Questo è il migliore dei mondi possibili" ?
Perchè io questa cosa qui non l'ho mai capita.
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 19:12
Negli ultimi vent'anni è saltato l'accordo che aveva permesso di scrivere molte delle pagine più belle e più importanti del Novecento:
l'accordo tra capitale e lavoro, che nei paesi occidentali portò al welfare state, alla sanità pubblica, ai diritti sindacali, alla riduzione dell'orario di lavoro, alla scuola di massa, ai servizi sociali. Da circa vent'anni il capitalismo ha cambiato volto e ha spezzato quell'equilibrio. Nel nome di un arricchimento predatorio senza regole, che sta distruggendo il welfare.
La British Petrol che si è fatta 10.000.000.0000 di dollari di utili per depredare il pianeta e massacrare il golfo del Messico andrebbe rasa al suolo e i suoi dirigenti messi in galera ai lavori forzati. Altro che utili e management: sono mascalzoni planetari.
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 19:13
Giorgrande :-)...non Giornano.
Sorry per lapsus.
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 19:14
Non ho letto tutti i commenti ma quoto P@ola e vigi sulla questione degli utili. Luciano dichiara di fottersene, ma se la Panda non la compera nessuno, come si tiene in piedi la fabbrica? Chi li paga gli stipendi?
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 20:11
ilva, fatti un giro a Berlino, visita i musei della Stasi, fatti raccontare come si viveva nella DDR e poi capirai perché la gente gioiva quando il muro è caduto. Vai a Praga a farti raccontare di quando i tank sovietici occuparono la città, vai dalla mia amica rumena Elena a farti spiegare cos'era il regime di Ceasescu e poi capirai perché la gente gioiva. Vai dal mio amico Vadim, di origine russa, a farti raccontare di quando fa il giro lungo per tornare a casa se in centro c'è una manifestazione, perché vedere le bandiere rosse gli mette ancora angoscia, e poi capirai perché la gente gioiva.
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 20:27
Evviva! Non volevo crederci, ma davvero questo è il migliore dei mondi possibili! Il buon Leibniz aveva ragione.
Dobbiamo comunicare la buona novella anche ai bambini che vivono nelle fogne di Bucarest, sniffando colla e aspettando di essere venduti e, nota, sono cittadini dell'Unione Europea.
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 21:03
"Non volevo crederci, ma davvero questo è il migliore dei mondi possibili"
Non lo è, e non lo era nemmeno quando ci siamo liberati dal nazifascismo. Ma è stata buona cosa, non pensi?
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 21:08
E anche quando ci siamo liberati dal nazifascismo la gente gioiva. Come mai?
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 21:09
E comunichiamola anche ai Russi, già che ci siamo:
"Dopo le riforme economiche dei primi anni '90, vi fu un brusco incremento delle ineguaglianze sociali nonché del tasso di povertà in tutto il Paese. Stime della Banca mondiale, integrate con gli indici di mortalità, indicano che durante l'ultimo periodo del regime sovietico solo l'1,5% delle famiglie viveva sotto la soglia della povertà, mentre nel 1993 tale percentuale si era alzata tra il 39 e il 49%. Le entrate pro-capite si abbassarono di un ulteriore 15% durante la crisi del 1998.
Gli indicatori della salute pubblica segnano un analogo declino. Nel 1999 la popolazione totale era diminuita di 750.000 unità rispetto al periodo sovietico. La speranza di vita calò drammaticamente da 64 anni (1990) a 57 anni (1994) per gli uomini mentre per le donne il calo, anche se più modesto, fu da 74 a 71.
Nel 2004 l'aspettativa di vita si è alzata rispetto al 1994, ma rimane comunque al di sotto dei valori del 1990.
Le morti legate all'abuso di alcool aumentarono del 60% negli anni '90, i decessi per infezioni e malattie trasmesse da parassiti addirittura del 100%, molto probabilmente perché i medicinali non erano più economicamente e logisticamente abbordabili per i poveri. Oggi il rapporto tra i morti e i nati in Russia è di tre a due."
Fonte Wikipedia.
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 21:12
ilva, perché la gente gioiva alla liberazione dal nazifascismo?
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 21:18
Si gioisce sull'onda di una spinta emotiva e sicuramente la fine di una dittatura dà questa spinta...ma bisogna anche pensare al dopo. Riflettere, prendere in considerazione il fatto che "l'abbattimento di un muro" ( parlo in senso lato) non risolve...ed in effetti non ha risolto granchè. Se hai voglia cerca i dati relativi a povertà e ricchezza in altri paesi dell'est europeo...
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 21:33
Oppure (per sfatare alcuni pregiudizi diffusi) gli indici ISU per quanto riguarda Cuba. Poi mi dirai.
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 21:45
La gente gioiva, ilva, perché un regime tiranno e liberticida era finalmente caduto. E per lo stesso motivo gioiva nel 1989. Pure and simple. La caduta del muro non ha risolto tutti i problemi? Neanche quella del fascismo. Ma non penso che ti saresti altrettanto infervorata se stessimo parlando del buon Benito.
Cercati anche tu qualche informazione su Cuba, sui dissidenti fucilati su...anzi fai una cosa, scrivi una mail a Yoani Sanchez, magari riesce a chiarirti qualche concetto. Vai a parlare a lei di pregiudizi, degli indici ISU ti consiglierà il più naturale degli utilizzi, e ti va già bene che sono solo gli indici.
Scritto da: offender | 15/06/2010 a 21:54
Un po' di bon ton non guasterebbe, ma passi. Non mi formalizzo.
Piuttosto lo sai cos'è l'indice ISU: vuol dire scuole, ospedali, speranza di vita alla nascita , basso tasso di mortalità infantile ecc.. Ti pare poco?
Io non dico che a Cuba non ci sia una dittatura (neppure che mi piacerebbe viverci da "cubano"); ma non credo neppure che dove c'è più libertà "nominale" ci sia anche più equità sociale.
Peccato che queste cose i media non le dicano. Peccato che non dicano che se un messicano affamato tenta di attraversare il confine con gli USA, i democratici americani (che sono tanto buoni, è cattivo il lupo che non li mangia!) lo impallinino, mentre se qualche profugo cubano arriva in Florida non solo lo trattano con ogni riguardo ma la notizia fa il giro del mondo...
Scritto da: ilva | 15/06/2010 a 22:15
Offender: io non sono nè sono mai stato comunista nè men che mai filomaoista o filosovietico, anche se la storia del PCI è cosa molto diversa da quella dell'Urss.
Ma qui non è questione di "comunismo" (anche perchè i comunisti sono solo una parte della sinistra).
Giustizia individuale e sociale, libertà, uguaglianza, scolarità di massa, lotta alle rendite parassitarie, lotta ai privilegi di censo, redistribuzione del reddito, servizi sociali diffusi: fanno parte del Dna della sinistra democratica liberal-socialista. Se la sinistra non combatte con questi strumenti e nel nome di questi obiettivi, cosa sta a fare?
Scritto da: luciano / idefix | 15/06/2010 a 22:41
"Io non dico che a Cuba non ci sia una dittatura (neppure che mi piacerebbe viverci da "cubano"); ma non credo neppure che dove c'è più libertà "nominale" ci sia anche più equità sociale. "
E io dico che la gente come te mi spaventa.
P.S: Vi sono Paesi in cui si spara a chi cerca di entrare; altri ce ne erano e ce ne sono dove si spara a chi tenta di uscire. E chissà come mai, in queste nazioni dalla percentuale di poveri infinitesimale, dal tasso di disoccupazione inesistente, dalla bassa mortalità infantile, dall'altissimo indice ISU, la gente rischiava la morte per fuggire? E perché Kruscev ha alzato un muro per impedire l'emorragia, e nonostante questo centinaia di tedeschi hanno rischiato e trovato la morte, fucilati come cani dai loro stessi concittadini, pur di sottrarsi al regime? Perché tutti i fottutissimi Paesi comunisti hanno in comune la norma del divieto dell'espatrio? Come mai, se la vita è sì piacevole? Ripeto ilva, vai a farti un giro a Berlino, visto che sei stata tu a tirare in ballo il muro. Fai una passeggiata in Wilhelmstrasse, davanti al Bundesministerium der Finanzen. Proprio tra il 16 e il 17 giugno del 1953 (pensa che coincidenza) gli operai dell'Est andarono in piazza a manifestare contro il regime. Davanti al murales che dipingeva la favola comunista, con lavoratori e lavoratrici belli e sani, bianchi e rossi e sorridenti, fieri del proprio ISU, i lavoratori chiedevano diritti. I tank sovietici arrivarono a soffocare la rivolta nel sangue. Oggi le foto della manifestazione sono visibili nella pavimentazione della piazza, e il contrasto con la scena dipinta sul muro dalla propaganda comunista fa stringere il cuore.
http://www.panoramio.com/photo/1342192
Scritto da: offender | 16/06/2010 a 00:47
Ieri sera menmtre surfavo ho letto questo commmento di Giuliano Cazzola, deputato del Pdl
:
''A Pomigliano non sono in gioco il diritto di sciopero o le tutele economiche spettanti ai lavoratori in malattia' ma la Fiat 'vuole venire a capo dell'abuso - frequente in quello stabilimento - di questi sacrosanti diritti. E lo fa non invocando procedure discrezionali, ma sfidando i sindacati a confrontarsi, insieme, sul contrasto di fenomeni degenerativi che, in quella realta', sono all'ordine del giorno''.
''La Fiat -ad avviso di Cazzola- ha il diritto di pretendere, a fronte di 700 milioni di investimenti e di una ri-localizzazione dalla Polonia, cha a Pomigliano si lavori e si produca almeno come in USA e in Canada''.
-
Sarebbe interessante guardare e commentare i fatti anche sotto questo punto di vista...
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 07:35
Dopo aver ancora letto le varie news e gli editoriali della settimana mi sorge un dubbio
:
"Non è che noi italiani - come pure alcuni altri paesi europei - ci siamo alienati quei diritti inalienabili abusandone nel passato" ?
Un famoso detto americano sostiene
:
ABUSE IT
LOSE IT
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Oggi la Grecia si sta vendendo alla Cina (meditate) ma quando la Germania le chiese alcune isole a garanzia dei prestiti si inalberò sul NO
...pensate un po' alla "soddisfazione di aver detto no" ...
-
Stiamo coi piedi per terra e rivediamo i nostri comportamenti errati del passato: correggiamoci, tanto che siamo ancora in tempo (...lo siano, nevvero ?)
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 09:10
Ti potrei rispondere con ciò che oggi dichiara in lungo e in largo in un'intervista al Fatto l'ex-ministro del Lavoro del governo Prodi (Cesare Damiano...non un barricadero).
Su alcune cose (dice) si può discutere...ad esempio l'alto assenteismo è controllabile e sanzionabile con strumenti già esistenti, anche arrivando al licenziamento di chi ne approfitta in modo fraudolento. Ma altre questioni (come il diritto di sciopero sancito dalla Costituzione) non si può transigere.
Sulla persona di Giuliano Cazzola (che conoscevo dai tempi della Cgil e che nel 1993 era un moralista anticraxiano), evito di soffermarmi: mi basta ricordare che era un socialista e che adesso sta con Berlusconi ed è un adoratore dell'onestà di Craxi.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 09:18
Se io non avessi citato Giuliano Cazzola nel mio post ma avessi riportato come mie le parole ... il tuo commento sarebbe lo stesso ?
A me hanno insegnato a dividere la persona dal ruolo che ricopre e vorrei evitare tutti i pre-giudizi (lo conoscevo, bla bla bla)
Le parole, spoglie e da sole, cosa ti dicono ?
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 10:01
Quelle parole mi dicono almeno una gigantesca menzogna:
il diritto di sciopero altroche se è in gioco.
E a me hanno insegnato che contano sì, certo, le parole ma anche chi le ha dette, quando, dove, perchè, a chi e in quale contesto.
Soprattutto se a pronunciarle è un saltafossi come Cazzola.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 10:11
Con il passare del tempo e con il crescere delle incognite cui ci troviamio di fronte
tu Luciano
diventi sempre meno obiettivo.
Tutti abbiamo paura del futuro che ci si sta prospettando (e divenendo realtà) ma non è chiudendoci in noi stessi e neppure costruendo muri che possiamo farvi fronte...
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 10:15
Bisogna essere obiettivi davanti ai fatti ("La Fiat ha proposto un accordo che consiste in questo e questo e questo e questo...Uil e Cisl hanno accettato per questo e questo motivo...La Fiom è contraria per questo e questo motivo....Giuliano Cazzola sostiene che.....").
Tutt'altra questione è essere obiettivi davanti alle opinioni.
E sul futuro: non si tratta di chiudersi in se stessi. Alcune volte (certo) mi sono opposto a tecnologie (faccio l'esempio di Facebook prima che me lo faccia tu) per ignoranza, pregiudizi, pigrizia eccetera.
Ma su certe questioni di fondo e di principio bisogna saper dire dei No chiari e netti: alcuni possibili esiti del futuro sono orripilanti e dunque vanno combattuti con le unghie e con i denti.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 11:34
Marx aveva ragione nella sua analisi del capitalismo. Ma noi ora pensiamo che non esiste alternativa e che questo sistema sia l'unico possibile - e che sia possibile solo aggiustarlo dal'interno. Ma questi "aggiustamenti" si scontrano poi puntualmente con le crisi che il sistema produce.
Scritto da: anna s. | 16/06/2010 a 11:42
Io non sto dicendo che Merchionne
- ha ragione
oppure che
- ha torto.
Io desidero far notare che con l'arrivo della crisi e con l'insorgere del "potere" dei paesi del BRIC ... le cose (a mio parere) NON potranno MAI più essere come prima.
Non ho "una" o "la" soluzione.
Sto solo cercando di far presente e far vedere come è oggi il mondo e sostengo che non possiamo non prendere in considerazione e valutare la NUOVA realtà.
.
Io vorrei tanto che il Governo aprisse un tavolo dove discutere apertamente e "seriamente" di questi temi.
Io vorrei anche che il Governo, invece di nascondere la testa sotto la sabbia, informasse adeguatamente i cittadini di come stanno realmente le cose - economicamente parlando.
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 13:00
Vi sono dei momenti e delle situazioni
in cui è necessario
adattarsi per Non morire.
-
Quello che non so ancora è "quanto" adattamento ci viene richiesto dalle circostanze e "quanto" sia auspicabile ...
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 13:04
Offender: perchè la gente come me ti fa paura?
Anche Luciano ti fa paura?
Io la penso pressapoco come lui, sono solo un po' più a sinista.
Lo cito: "Non sono mai stato filomaoista o filosovietico, anche se la storia del PCI è cosa molto diversa da quella dell'Urss [ NOTA BENE!! Io sono comunista sulla linea del vecchio PCI]
[...]
Giustizia individuale e sociale, libertà, uguaglianza, scolarità di massa, lotta alle rendite parassitarie, lotta ai privilegi di censo, redistribuzione del reddito, servizi sociali diffusi: fanno parte del Dna della sinistra democratica liberal-socialista. Se la sinistra non combatte con questi strumenti e nel nome di questi obiettivi, cosa sta a fare? ". Passo e chiudo, perchè siamo (credo con giusto scazzo da parte degli altri) fuori tema.
Scritto da: ilva | 16/06/2010 a 14:13
Mi fa paura chi si chiede bellamente perché la gente gioisse quando è stato abbattuto un muro che centinaia di persone sono morte ammazzate per scavalcare.
Scritto da: offender | 16/06/2010 a 14:17
Mi permetto di intervenire riportando di seguito un articolo di Guido Viale. E' un po' lungo, ma vale la pena di leggerlo.
"Ma l'alternativa a Marchionne c'è (da Il Manifesto del 16 giugno 2010)
Non c'è alternativa. Questa sentenza apodittica di Margaret Thatcher per la quale è stato creato anche un acronimo (Tina: there is no alternative) è la silloge del cosiddetto «pensiero unico» che nel corso dell'ultimo trentennio ha accompagnato le dottrine più o meno «scientifiche» da cui sono state orientate, o con cui sono state giustificate, le scelte di volta in volta dettate dai detentori del potere economico: prima liberismo (a parole, con grande dispendio di diagrammi e formule matematiche, ma senza mai rinunciare agli aiuti di stato e alle pratiche monopolistiche); poi dirigismo e capitalismo di stato (per salvare banche, assicurazione e giganti dell'industria dai piedi d'argilla dal precipizio della crisi); per passare ora a un vero e proprio saccheggio, usando come fossero bancomat salari, pensioni, servizi sociali e «beni comuni», per saldare i debiti degli Stati messi in crisi dalle banche appena salvate. Così la ricetta che non contempla alternative oggi è libertà dell'impresa; che va messa al di sopra di sicurezza, libertà e dignità, ovviamente dei lavoratori, inopportunamente tutelate dall'art. 41 della Costituzione italiana.
A enunciarlo in forma programmatica è stato Berlusconi, subito ripreso dal ministro Tremonti e, a seguire, dall'autorità sulla concorrenza, che non ha mai mosso dito contro un monopolio. A tradurre in pratica quella ricetta attraverso un aut aut senza condizioni, subito salutato dagli applausi degli imprenditori giovani e meno giovani di Santa Margherita Ligure, è stato l'amministratore delegato della Fiat, il Valletta redivivo del nuovo secolo. Eccola. Limitazione drastica (e anticostituzionale, ma per questi signori la Costituzione va azzerata; e in fretta!) del diritto di sciopero e di quello di ammalarsi.
Una organizzazione del lavoro che sostituisce l'esattezza cronometrica del computer alla scienza approssimativa dei cronometristi (quelli che un tempo alla Fiat si chiamavano i «vaselina», perché si nascondevano dietro le colonne per spiare gli operai e tagliargli subito i tempi se solo acceleravano un poco per ricavarsi una piccola pausa per respirare). Una turnazione che azzera la vita familiare, subito sottoscritta da quei sindacalisti e ministri che due anni fa erano scesi in piazza per «difendere la famiglia»: la loro, o le loro, ovviamente. È un ricatto; ma non c'è alternativa. Gli operai non lo possono rifiutare e non lo rifiuteranno, anche se la Fiom, giustamente, non lo sottoscrive. L'alternativa è il licenziamento dei cinquemila dell'Alfasud - il «piano B» di Marchionne - e di altri diecimila lavoratori dell'indotto, in un territorio in cui l'unica vera alternativa al lavoro che non c'è è l'affiliazione alla camorra.
Per anni, a ripeterci «non c'è alternativa» sono stati banchieri centrali, politici di destra e sinistra, sindacalisti paragovernativi, professori universitari e soprattutto bancarottieri. Adesso, forse per la prima volta, a confermarlo con un referendum, sono chiamati i lavoratori stessi che di questo sopruso sono le vittime designate. Ecco la democrazia del pensiero unico: votate pure, tanto non c'è niente da scegliere.
Effettivamente, al piano Marchionne non c'è alternativa. Nessuno ci ha pensato; neanche quando il piano non era ancora stato reso pubblico. Nessuno ha lavorato per prepararla, anche quando la crisi dell'auto l'aveva ormai resa impellente. Nessuno ha mai pensato che sarebbe stato necessario averne una, anche se era chiaro da anni che prima o poi - più prima che poi - la campana sarebbe suonata: non solo per Termini Imerese, ma anche per Pomigliano.
Ma a che cosa non c'è alternativa? Al «piano A» di Marchionne. Un piano a cui solo se si è in malafede o dementi si può dar credito. Prevede che nel giro di quattro anni Fiat e Chrysler producano - e vendano - sei milioni di auto all'anno: 2,2 Chrysler, 3,8 Fiat, Alfa e Lancia: un raddoppio della produzione. In Italia, 1,4 milioni: più del doppio di oggi. La metà da esportare in Europa: in un mercato che già prima della crisi aveva un eccesso di capacità del 30-35 per cento; che dopo la sbornia degli incentivi alla rottamazione, è già crollato del 15 per cento (ma quello della Fiat del 30); e che si avvia verso un periodo di lunga e intensa deflazione.
Quello che Marchionne esige dagli operai, con il loro consenso, lo vuole subito. Ma quello che promette, al governo, ai sindacati, all'«opinione pubblica» e al paese, è invece subordinato alla «ripresa» del mercato, cioè alla condizione che in Europa tornino a vendersi sedici milioni di auto all'anno. Come dire: «il piano A» non si farà mai.
Non è una novità. Negli ultimi dieci anni, per non risalire più indietro nel tempo, di piani industriali la Fiat ne ha già sfornati sette; ogni volta indicando il numero di modelli, di veicoli, l'entità degli investimenti e la riduzione di manodopera previsti. Tranne l'ultimo punto, che era la vera posta in palio, degli obiettivi indicati non ne ha realizzato, ma neanche perseguito, nemmeno uno. Ma è un andazzo generale: se i programmi di rilancio enunciati da tutte le case automobilistiche europee andassero in porto (non è solo la Fiat a voler crescere come un ranocchio per non scomparire) nel giro di un quinquennio si dovrebbero produrre e vendere in Europa 30 milioni di auto all'anno: il doppio delle vendite pre-crisi. Un'autentica follia.
Dunque il «piano A» non è un piano e non si farà. L'alternativa in realtà c'è, ed è il «piano B». Se a chiudere non sarà Pomigliano, perché Marchionne riuscirà a farsi finanziare da banche e governo (che agli «errori» delle banche può sempre porre rimedio: con il denaro dei contribuenti) i 700 milioni di investimenti ipotizzati e a far funzionare l'impianto - cosa tutt'altro che scontata - a cadere sarà qualche altro stabilimento italiano: Cassino o Mirafiori. O, più probabilmente, tutti e tre. La spiegazione è già pronta: il mercato europeo non «tirerà» come si era previsto
Hai voglia! Il mercato europeo dell'auto è in irreversibile contrazione; l'auto è un prodotto obsoleto che nei paesi ad alta intensità automobilistica non può che perdere colpi: «tirano», per ora, solo i paesi emergenti - fino a che il disastro ambientale, peraltro imminente, non li farà recedere anch'essi - ma le vetture che si vendono là non sono certo quelle che si producono qui: né in Italia né in Polonia.
Anche se la cosa non inciderà sulle scelte dei prossimi mesi, è ora di dimostrare che non è vero che non c'è alternativa. L'alternativa è la conversione ambientale del sistema produttivo - e dei nostri consumi - a partire dagli stabilimenti in crisi e dalle fabbriche di prodotti obsoleti o nocivi, tra i quali l'automobile occupa il secondo posto, dopo gli armamenti. I settori in cui progettare, creare opportunità e investire non mancano: dalle fonti di energia rinnovabili all'efficienza energetica, dalla mobilità sostenibile all'agricoltura a chimica e chilometri zero, dal riassetto del territorio all'edilizia ecologica. Tutti settori che hanno un futuro certo, perché il petrolio costerà sempre più caro - e persino le emissioni a un certo punto verranno tassate - mentre le fonti rinnovabili costeranno sempre meno e l'inevitabile perdita di potenza di questa transizione dovrà essere compensata dall'efficienza nell'uso dell'energia. L'industria meccanica - come quella degli armamenti - può essere facilmente convertita alla produzione di pale e turbine eoliche e marine, di pannelli solari, di impianti di cogenerazione. Poi ci sono autobus, treni, tram e veicoli condivisi con cui sostituire le troppe auto, assetti idrogeologici da salvare invece di costruire nuove strade, case e città da riedificare - densificando l'abitato - dalle fondamenta.
Ma chi finanzierà tutto ciò? Se solo alle fonti rinnovabili fosse stato destinato il miliardo di euro che il governo italiano (peraltro uno dei più parsimoniosi in proposito) ha gettato nel pozzo senza fondo delle rottamazioni, ci saremmo probabilmente risparmiati i due o tre miliardi di penali che l'Italia dovrà pagare per aver mancato gli obiettivi di Kyoto. Ma anche senza incentivi, le fonti rinnovabili si sosterranno presto da sole e i flussi finanziari oggi instradati a cementare il suolo, a rendere irrespirabile l'aria delle città, impraticabili le strade e le piazze, a riempirci di veleni per rendere sempre più sterili i suoli agricoli, a sostenere un'industria delle costruzioni che vive di olimpiadi, expo, G8, ponti fasulli e montagne sventrate potranno utilmente essere indirizzati in altre direzioni. È ora di metterci tutti a fare i conti!
Ma chi potrà fare tutte queste cose? Non certo il governo. Né questo né - eventualmente - uno di quelli che abbiamo conosciuto in passato; e meno che mai la casta politica di qualsiasi parte. Continuano a riempirsi la bocca con la parola crescita e stanno riportandoci all'età della pietra.
La conversione ecologica si costruisce dal basso «sul territorio»: fabbrica per fabbrica, campo per campo, quartiere per quartiere, città per città. Chi ha detto che la programmazione debba essere appannaggio di un organismo statuale centralizzato e non il prodotto di mille iniziative dal basso? Chiamando per cominciare a confrontarsi in un rinnovato «spazio pubblico», senza settarismi e preclusioni, tutti coloro che nell'attuale situazione non hanno avvenire: gli operai delle fabbriche in crisi, i giovani senza lavoro, i comitati di cittadini in lotta contro gli scempi ambientali, le organizzazioni di chi sta già provando a imboccare strade alternative: dai gruppi di acquisto ai distretti di economia solidali. E poi brandelli di amministrazioni locali, di organizzazioni sindacali, di associazioni professionali e culturali, di imprenditoria ormai ridotta alla canna del gas (non ci sono solo i «giovani imprenditori» di Santa Margherita); e nuove leve disposte a intraprendere, e a confrontarsi con il mercato, in una prospettiva sociale e non solo di rapina.
Il tessuto sociale di oggi non è fatto di plebi ignoranti, ma è saturo di intelligenza, di competenze, di interessi, di saperi formali e informali, di inventiva che l'attuale sistema economico non sa e non vuole mettere a frutto.
Certo, all'inizio si può solo discutere e cominciare a progettare. Gli strumenti operativi, i capitali, l'organizzazione sono in mano di altri. Ma se non si comincia a dire, e a saper dire, che cosa si vuole, e in che modo e con chi si intende procedere, chi promuoverà mai le riconversioni produttive?"
Scritto da: Dario Predonzan | 16/06/2010 a 14:37
E' QUESTO sistema che è un disastro, è QUESTO sistema che crea danni e ingiustizie, è QUESTO sistema che va ripensato e rimodellato da cima a fondo.
Riprendo solo un capoverso dell'articolo riportato da Dario (ma le stesse cose le sostengono, con sfumature differenti ma concordi) in tanti, da Latouche a Rifkin:
"L'alternativa è la conversione ambientale del sistema produttivo - e dei nostri consumi - a partire dagli stabilimenti in crisi e dalle fabbriche di prodotti obsoleti o nocivi, tra i quali l'automobile occupa il secondo posto, dopo gli armamenti. I settori in cui progettare, creare opportunità e investire non mancano: dalle fonti di energia rinnovabili all'efficienza energetica, dalla mobilità sostenibile all'agricoltura a chimica e chilometri zero, dal riassetto del territorio all'edilizia ecologica. Tutti settori che hanno un futuro certo"
Una sinistra degna di questo nome non deve avere timidezze ed esitazioni, non deve balbettare come uno scolaretto impreparato davanti a Marchionne & C: una sinistra che voglia essere all'altezza del suo compito (stare dalla parte dei più deboli per cambiare il mondo introducendovi più giustizia, più libertà, più uguaglianza) ha davanti a se immense praterie di intervento.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 17:04
Il problema è, almeno in Italia, che una sinistra del tipo descritto da Luciano non c'è. E forse non c'è mai stata davvero. Quella che c'era è passata dall'adorazione - in qualche caso moderatamente (assai moderatamente) critica - di "modelli" sovietico-cubano-cinesi (che in definitiva sono la stessa cosa) all'attuale penoso appiattimento sul "pensiero unico". Come sorprendersi se sempre meno persone la votano?
Scritto da: Dario Predonzan | 16/06/2010 a 17:18
Hai ragione, Luciano...ma questa sinistra dov'è? Di quali forze dispone? Quale potere "contrattuale" ha? E' questo il problema.
Non l'unico, ovviamente, perchè ha ragione anche chi dice che stiamo vivendo un cambiamento epocale, che ci vede impotenti e impreparati.
Non pensi (e qui ripesco la diatriba, o meglio il "dialogo tra sordi",tra me e Offender)che a forza di fare passettini a destra ( circostanza cui l'implosione del comunismo nei paesi dell'Est ha contribuito) e di vergognarsi del proprio passato, dove tra tanto ciarpame fallimentare c'era pure qualcosa di buono, sia sparita (e non solo in Italia)? Non pensi che siamo di fronte, oltre che alla fine delle ideologie, anche alla resa incondizionata al capitalismo selvaggio, in cui contano solo il profitto e il consumismo che ne è l'elemento propulsore? Che uscire da questa situazione sia un'impresa titanica (e forse utopica)?
E intanto, ecco i "nuovi schiavi del Duemila", trattati come Charlot in "Tempi moderni".
Scritto da: ilva | 16/06/2010 a 17:55
Un'impresa titanica, senza dubbio. Non so se utopica. Io credo che per necessità si finirà con l'uscire da "questa situazione", anche se ora non sembra che ci siano progetti. Si uscirà perché sarà necessario salvarsi.
Scritto da: anna s. | 16/06/2010 a 18:42
Scusate ma la sinistra è livellatrice, mira all'uguaglianza, la sinistra non ha - e non avrà mai - lo spirito imprenditoriale.
E' la destra che intraprende.
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 18:46
Luciano, ti racconto una storiella.
Facciamo finta che esistano solo due paesi, Italia e Cina, e per rendere le cose semplici, con un po' di fantasia, facciam finta che
abbiano lo stesso numero di abitanti.
In piu', si producono in entrambi i paesi sono due prodotti, auto e riso !
In Italia si producono all'anno 100 auto e 50 Kg. di riso. La Cina invece e' meno produttiva e si deve accontentare di 10 auto e 20 Kg. di riso.
I mercati sono chiusi, gli Italiani ricchi, i Cinesi poveri. All'improvviso Italia e Cina decidono di aprire al commercio. Un mercante
Cinese porta 10 Kg. di riso in Italia e li baratta con 20 auto. Poi torna in Cina e scambia le auto con 40 Kg. di riso. Ha guadagnato 30 Kg. di riso !!!
I mercanti italiani non sono da meno, portano 10 auto in Cina li scambiano con 20 Kg. di riso li portano in Italia e ci guadagnano 30
auto. Fantastico ! Allora gli Italiani iniziano a specializzarsi in auto e i Cinesi in riso e la produttivita' migliora in entrambi i paesi,
piu' auto e riso per tutti, anche se in Italia piu' che in Cina.
Ora se oggi in Italia non diventiamo piu' bravi a produrre auto, potremo portere in futuro sempre meno merci dalla Cina,
I Cinesi diventerannio piu' ricchi, gli Italiani piu' poveri...
... ringrazio Pedro Videla, professore di Economia all'universita' di IESE: la prima lezione che insegna le basi del libero scambio.
Non c'e' nulla di diabolico, solo seguire l'umana natura che tende al profitto e a produrre di piu'.
Umana natura dico, non quella diabolica della FIOM :)
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 16/06/2010 a 19:30
Giorgio hai fatto l'MBA allo IESE ? Quando ? In cosa ti sei specializzato ?
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 19:51
Dalla lunga e delirante supercazzola del giornalista de Il Manifesto io non riesco a evincere nessuna alternativa pratica alla proposta di Marchionne.
Scritto da: offender | 16/06/2010 a 20:03
Offender non c'è - a mio sindacabile parere - "una" o "la" alternativa pratica pronta per l'uso.
Siamo ad una svolta epocale.
Dobbiamo riesaminare, con moolta calma, i concetti di competizione e di produzione ...
Solo che abbiamo già perso il treno per la Cina (dove invece son saliti Germania e Francia) e dal 2013 max 2015 nella stessa Cina si produrrà "solo" per sostenere i consumi interni cinesi.
Non è un discorso facile e neppure fattibile in un Post, ma se vuoi qualche dato te lo posso far pervenire...
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 20:15
Paola, IESE non ha una vera propria specializzazione ... ho scelto i corsi del secondo anno orientati al general management... ora faccio il consulente in ME, una fatica e una pressione delirante ...
Luciano scusa l'off post, ma se hai tempo leggi la mia storiellina :)
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 16/06/2010 a 20:31
Complimenti Giorgio.
Nella Consulenza la pressione è altissima. Ne so qualcosa. Io frequentai l'MBA del '79/80 alla Bocconi e il mio primo contratto fu con Ambrosetti, società che aveva il 250% di turnover...
...però è un gran bel lavoro ...
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 21:04
Giorgio, ho letto l'apologo di Videla.
Ma io penso che il quadro sia un altro: l'umanità è davanti a una svolta epocale. E non è questione di produrre un'autina in più o cinque in meno.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 21:07
"Offender non c'è - a mio sindacabile parere - "una" o "la" alternativa pratica pronta per l'uso."
Appunto.
Scritto da: offender | 16/06/2010 a 21:22
Anna
certo che "Si uscirà perché sarà necessario salvarsi."
A quale prezzo ?
Come ne uscirono durante la Grande Depressione ?
Adesso le forze competitive in campo sono diverse, adesso dobbiamo cercare di capire bene cosa possiamo ancora fare e cosa non potremo più fare.
Io vorrei tanto che se ne parlasse apertamente, che il governo attuale ne prendesse coscienza. Prodi durante i suoi due anni almeno ci stava provando, mentre invece ora Berlusconi non si è neppure ancora reso conto della reale situazione italiana.
La vedo nera.
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 22:10
Come se ne uscì dopo la crisi del '29?
Non certo con il capitalismo selvaggio: negli Stati Uniti il rilancio avvenne con grandi investimenti pubblici, il cosiddetto New Deal di Roosevelt.
Scritto da: luciano / idefix | 16/06/2010 a 22:25
Veramente l'occupazione americana non aumentò grazie al New Deal di Roosvelt, ma grazie alla Seconda guerra mondiale che assorbì l'enorme sacca di disoccupati.
Scritto da: P@ola | 16/06/2010 a 22:30
Pa@la,ti faccio una domanda da ultimo della classe, quello che non capisce un tubo e vive nelle nuvole. E' rimasto qualcosa che noi sappiamo produrre meglio dei Cinesi, e che può essere per loro appetibile? Se, sì...non bisognerebbe puntare su quello?
Scritto da: ilva | 17/06/2010 a 09:40
Non è asssolutamente una domanda da ultimo della classe, anzi.
Ma ti rispondo stasera in quanto ora devo uscire. ciao, a dopo
Scritto da: P@ola | 17/06/2010 a 09:52
Ilva il punto non e' saper fare qualcosa meglio dei cinesi, ma saper far qualcosa meglio di un'altra e specializzarci in quella. La auto le facciam da 100 anni e potrebbero essere un buon inizio !
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 17/06/2010 a 10:21
Giorgio, scusa ma dal basso della mia ignoranza in materia, penso che sia necessario un minimo di diversificazione . Ci sta l'auto (che comunque da sola non basta), ci sta tutto quanto concerne le fonti energetiche alternative, ci sta IL RECUPERO DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI e...qualcos'altro che non riesco a mettere a fuoco in questo momento.
Forse il Design, la Moda...
Non vedo cos'altro potremmo potenziare per non essere sbattuti fuori dal mercato internazionale. Di qui la mia domanda a Pa@la.
Scritto da: ilva | 17/06/2010 a 10:34
Be' non esagerare, il PIL Italiano e' tra i primi otto del mondo... abbiamo un sacco di aziende sane e competitive!
Scritto da: Giorgio Tedeschi | 17/06/2010 a 10:44
P@ola, è superfluo metterci a discutere della storia del primo Novecento, ma ti ribadisco l'importanza del New Deal. Se no, gli Usa come camparono tra il 1933 e il 1943? Con la presidenz di Roosevelt e l'applicazione delle teorie economiche dell'inglese John Maynard Keynes, si dieve il via a una enorme serie di lavori pubblici. Il risultato furono circa tre o quattro (non ricordo) milioni di lavoratori occupati.
Scritto da: luciano / idefix | 17/06/2010 a 10:50
Eccomi Ilva
:
Competere oggi a mio parere significa che
:
• Non ci sono più confini.
• Ciò che non fai tu, lo farà un altro.
• Anche il proprio mercato domestico non è proteggibile.
Se competere significa fare meglio del concorrente, se l'importante è il "fare meglio degli altri", bisogna, anche e soprattutto, saperlo fare e cioè
:
• Offrire prodotti/servizi ad un prezzo migliore
• Offrire prestazioni migliori di quelle esistenti, oppure
• Offrire un nuovo tipo di prestazioni
-
-
Alcune delle “cose” che avevamo e non abbiamo più
:
-abbiamo svuotato l’industria informatica (Olivetti, Elea)
-abbiamo rinunciato all’industria aeronautica ( che ora va alla grande in Brasile)
-abbiamo sgretolato l’industria chimica ( vedi le lotte di potere fra grande capitale pubblico e privato (Eni e Montedison)
-abbiamo fatto scelte pauperiste nell’industria delle telecomunicazioni
-abbiamo portato avanti politiche del settore pubblico (vedi soprattutto Finmeccanica) assurdamente incapaci di mettere in valore tutto il potenziale innovativo dell’Italia nel campo della metalmeccanica
high tech.
-abbiamo venduto la siderurgia privata italiana. (Ad es.la gloriosa Lucchini è diventata al 100% di proprietà del colosso moscovita Severstal.)
-abbiamo cancellato la ricerca
-abbiamo tralasciato di occuparci seriamente di biotecnologie, del fotovoltaico, dell’eolico
-abbiamo lasciato perdere i mercati in continua crescita
-abbiamo frantumato l'elettromeccanica ad alta tecnologia.
...ecc... giusto
per citare i più importanti cioè quelli che al momento mi sono venuti in mente
.
.
Ti cito Luciano Gallino (La scomparsa dell'Italia industriale -Einaudi,
2003)
:
"Non è stata un'impresa da poco aver lasciato scomparire interi settori produttivi nei quali si eccelleva; né aver mancato le opportunità per riuscirvi in quelli dove esistevano le risorse tecnologiche e
umane per farlo. Sembra lecito chiedersi "come ci siamo riusciti."
.
Teniamo presente che l’Italia è un paese
:
-che ha pochissime risorse naturali
-che è totalmente dipendente per il fattore energetico
-
Ora chiediamoci
:
Perché oggi molte aziende italiane NON sono in grado di reggere la concorrenza internazionale?
:
- Innanzitutto perché le nostre aziende sono in massima parte troppo piccole e non sempre hanno avuto le risorse finanziarie o la visione per progettare il proprio futuro, attraverso un costante lavoro di ricerca e di innovazione dei prodotti e dei processi, nonché di creazione di strutture manageriali vere e proprie
- Ora abbiamo quasi solo più aziende in settori maturi con tutto ciò che comporta (qui bisognerebbe fare un discorso esplicativo)
- Non facciamo quasi più ricerca di base e innovazione (vedi Glaxo ecc…)
- Abbiamo dei mercati finanziari che hanno molto tardato ad aprirsi alla concorrenza internazionale e a diventare competitivi essi stessi
-Inoltre i nostri mercati finanziari hanno (invece) troppo a lungo favorito il sistema di impresa basato su posizioni di privilegio
-Il capitalismo dagli anni ‘80 è diventato azionario, quindi immateriale
- Non si vede uno straccio di politica economica.
- e sul fronte delle riforme di sistema e delle misure per lo sviluppo il Paese vive forse uno dei periodi più bui della sua storia.
--
--
Però, già
Però l’Italia continuerà a essere unica per la sua capacità di saper individuare (più che
saper fare) le auto più belle, i vestiti che valorizzeranno di più il fisico, i cellulari più
piacevoli al tatto e così via. Resteremo un popolo che tiene molto pulita la propria casa, ma si
disinteressa della sporcizia che c’è per la strada.
.
Ma vuoi mettere … sappiamo mangiar bene, abbiamo il bel canto,
la socievolezza, la cultura che se ne è andata…
Sapremo almeno associarle e rafforzarle a vicenda ?
Scritto da: P@ola | 17/06/2010 a 20:40
Pa@la, l'attesa non è stata delusa.
Chapeau! per la capacità di sintesi,la chiarezza,la nota dolente, poetica e al tempo stesso ironica in chiusura. Il tuo è quel che si dice un pezzo da manuale.
Grazie.
Scritto da: ilva | 17/06/2010 a 21:14
Figurati Ilva,
è stato un piacere e ho impiegato anche ben poco tempo.
Oggi ho avuto una giornata piena e stamattina ero troppo di corsa...
Se ti interessa altro chiedi pure, anche se negli ultimi anni ho più che altro lavorato sulla Leadership.
ma qualcosa ricordo ancora...
Scritto da: P@ola | 17/06/2010 a 21:28
pensierino della sera:
Il capitalismo è sopravvissuto al comunismo. Bene, ora si divora da solo. (Charles Bukowski)
Scritto da: ilva | 18/06/2010 a 22:09
Oggi leggevo
"Crisi senza fine, sostenibilità cercasi"
di Guido Viale
- Pubblicato su Valori
di luglio - www.valori.it
:
http://www.bancaetica.com/Content.ep3?CAT_ID=31844&ID=782948
.
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Scritto da: P@ola | 18/06/2010 a 22:32
Grazie. Lo leggo dopo.
Di Guido Viale segnalo anche un articolo, riportato da Dario Predonzan nel suo commento del 16 giugno alle 14.37.
Scritto da: luciano / idefix | 19/06/2010 a 07:51