Ho conosciuto i libri di James Ellroy nell'estate del 1989, con Dalia nera.
Da allora non l'ho più mollato, tra alti (per esempio L.A Confidential), altissimi (per esempio Dai miei luoghi oscuri) e così così (per esempio Scasso con stupro).
Dopo lo stupefacente American tabloid del 1991 (che credo sia il suo capolavoro) e il seguito Sei pezzi da mille del 1999 (assai inferiore), attendevo con moltissima curiosità il terzo e conclusivo capitolo della trilogia, Il sangue è randagio.
Uscito un paio di settimane fa, oggi l'ho finito in treno (un incontro con i ragazzi della scuola di Codroipo).
Com'è Il sangue è randagio?
A mio avviso continua sulla scia dei Sei pezzi ed è dunque una delusione.
Perchè anche qui manca ciò che faceva la straordinaria grandezza di American: oltre allo stile serrato e alla dinamite, il perfetto e denso incastro di continui rimandi tra storia politica, personaggi veri e di invenzione, vicende reali e sotto-trama poliziesco-criminale. In American tabloid, i due fratelli John e Bob Kennedy (con Bobby nelle vesti dell'eroe positivo), il miliardario Howard Hughes, il direttore dell'FBI Hoover, i boss mafiosi, il capo del losco sindacato dei trasportatori Jimmy Hoffa e tanti altri erano in scena vividi e importanti.
Poi, nei due seguiti, questa dinamica viene a mancare quasi del tutto. E la trilogia ne risente in maniera pesantissima.
Inoltre, il motore "etico" del primo pannello (la lotta di Bob Kennedy contro il crimine organizzato) non c'è più e (a partire dai Sei pezzi da mille) Ellroy non lo sostituisce con un'analogo (altrettanto forte) propulsore politico-sociale. In questo modo, il secondo e terzo romanzo vanno avanti quasi per forza d'inerzia. E anche il potente trio di personaggi "inventati" di "American tabloid" (Kemper Boyd, Pete Bondurant e Ward Littel) non trova eredi all'altezza.
Insomma, malgrado la mole quantitativa dei libri sia andata crescendo dal primo al terzo, non mi pare si possa dire altrettanto per la qualità letteraria, narrativa e documentaria.
Resta in ogni caso lo straordinario livello di American tabloid, uno dei più geniali romanzi polizieschi di tutti i tempi.
se non ricordo male nel periodo che provai a leggere qualcosa di polizesco tentai la lettura di questo autore (proprio con l.a. confidential di cui vidi anche il film discreto)... però devo dire che quello fu uno dei pochi casi in cui non riuscii a terminare il libro. e questo perchè lo stile estremamente asciutto non mi dava la minima emozione e lo considerai troppo sciatto. poi, in pratica mi sembrava una parodia del genere stesso...
però, come al solito, per i libri si tratta sempre di gusti e di momenti in cui li si legge...
Scritto da: Giordano | 23/02/2010 a 17:23
E se ti pareva troppo asciutto "L.A. confidential"...non oso pensare quale impressione ti farebbero questi.
Allora, se vuoi qualche poliziesco classico dallo stile diversissimo e "letterario", prova Raymond Chandler. Ad esempio IL GRANDE SONNO oppure IL LUNGO ADDIO.
E già i titoli sono qualcosa di eccezionale.
Ecco l'attacco del primo:
"Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari."
Scritto da: luciano / idefix | 23/02/2010 a 19:30
divertente! questi inizi mi fanno bellicare! come li posso prenere sul serio?!
;-))
Scritto da: Giordano | 25/02/2010 a 16:12
Il fascino dei romanzi con Philip Marlowe è anche questo: la miscela (cocktail per essere più in sintonia col personaggio) di humour e azione, ironia e mistero, gusto letterario e intrecci pulp, atmosfere romantiche e noir.
Scritto da: luciano / idefix | 25/02/2010 a 16:20