HO LETTO UN POST CHE M'E' PIACIUTO MOLTO.
E' SUL BLOG, SEMPRE INTERESSANTISSIMO, DI TIC (http://tic-talkischeap.blogspot.com/).
GLIELO SOTTRAGGO PER PUBBLICARLO QUA DI SEGUITO:
La pillola Ru486 è entrata a far parte del prontuario farmaceutico italiano e i papisti sono incazzatissimi.
Per chi non lo sapesse, la Ru486 – utilizzata da tempo in gran parte dei paesi europei –è un farmaco abortivo che blocca l'azione del progesterone, l'ormone che sostiene l'evoluzione della gravidanza.
Secondo l'avvenente monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della vita (che dev'essere una roba parecchio importante, visto il nome che porta), la Ru486 non sarebbe un farmaco, “ma un veleno letale”: chi dovesse prescriverla dovrebbe essere scomunicato esattamente come chi dovesse scegliere di farne uso.
Dietro a Sgreccia, sempre i soliti: quelli del Movimento per la vita, quelli di Scienza e Vita, la terribile Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute e alla rottura di coglioni, e - ma solo in spirito, purtroppo - i signori Francisco Franco Bahamonde e Augusto Pinochet Ugarte.
Insomma, un can can della madonna (ops...).
Ora, dovete sapere che nel 1966 Nicolae Ceauşescu, per aumentare la popolazione della Romania, decise di proibire l'aborto alle donne sotto i quarant'anni con meno di quattro figli. Nel 1986 il limite di età fu portato a quarantacinque anni.
Tutte le donne rumene in età fertile erano obbligate a esami medici mensili per prevenire gli aborti.
Si poteva abortire solo in presenza di un rappresentante del partito comunista: secondo Ceauşescu, il feto era “una proprietà socialista di tutta la società”.
Ai medici rumeni che operavano in distretti con un tasso di natalità in diminuzione veniva ridotto lo stipendio.
Nel 1984, in Romania, l'età minima per poter contrarre matrimonio scese a quindici anni.
La popolazione non aumentò: in compenso, l'aborto illegale, come unica forma di controllo delle nascite in un paese poverissimo, era ampiamente praticato. Si calcola che in ventitré anni, a seguito della legge del 1966, in Romania siano morte, scannate dalle mammane, non meno di diecimila donne.
Detto ciò, ancora un paio di dati: in Romania il tasso di mortalità infantile reale era così alto che, dal 1985, un neonato veniva registrato all'anagrafe solo se riusciva a sopravvivere alla quarta settimana di vita.
Quando Ceauşescu fu rovesciato, il tasso di mortalità era di venticinque neonati su mille e più di centomila bambini vivevano in orfanotrofi.
Perché vi ho raccontato tutto questo?
Ma perché credo che se fosse per la magnifica Eugenia Roccella - o per la splendida professoressa Binetti (del Pd...) - il feto, in Italia, verrebbe molto volentieri dichiarato “proprietà socialista di tutta la società”...
E nei prossimi giorni cose turche ci attendono, vedrete: il Vaticano promette di reagire all'affronto subìto e il Maschio Dominante della Patria sulla faccenda ci si butterà a pesce per far dimenticare ai papisti di essere un puttaniere. I papisti dimenticheranno facilmente. Vogliamo scommettere?
Tic
Pure io ho scritto daa pillola abortiva oggi!
L'esempio qui del Tic è molto calzante, e potrebbe essere illuminante se si accettassero lumi. Ma, come d'altra parte nota il tic medesimo alla fine del post i vantaggi sono altri per la Chiesa.
Scritto da: zauberei | 03/08/2009 a 09:01
scommessa vinta a priori
Scritto da: carloesse | 04/08/2009 a 12:56
bellissimo post
Scritto da: Tereza | 07/08/2009 a 10:51
Ed è qui che veniamo ad affrontare, in pieno, il merito dello scontro. Cioè: qual è la cultura che in Italia, da destra e da sinistra, si confronta con il tema dell’aborto? Cattolica? Integralista? Fondamentalista? Proviamo a definirla per difetto: non è una cultura laica. Anche la maggior parte dei sostenitori della legge 194 continuano a dire che si tratta di un dramma Usando questa espressione si tende a far propria la convinzione che il feto sia già vita umana sposando, di fatto, i convincimenti della Chiesa cattolica. E’ un convincimento che non è provato scientificamente ma che, in quanto valore per chi ci crede, va rispettato. Ma perché tentare di imporlo a tutti? Ma ancora di più perché paragonare la scelta di ogni donna, qualsiasi siano le sue convinzioni o il suo sentire, alla morale dei soli cattolici. Ecco qui che l’espressione l’aborto non è un dramma va calato nelle diverse individualità, nelle diverse convinzioni, nelle diverse esperienze. Ci saranno donne per cui la decisione di abortire è un dramma, ci saranno coloro per cui non lo è, ci saranno altre ancora per cui è una decisione complicata ma che non implica sofferenza.
In questi decenni si è cercato invece in tutti i modi di colpevolizzare le donne, di farle sentire delle assassine. Si è cercato di imporre una visione parziale a tutti, condannando moralmente chiunque abbia sulla vita, sul corpo e sulla libera scelta posizioni diverse. La discussione va portata su questo punto, anche se so molto bene che quando lo si tocca si suscitano rabbia, disprezzo, persino odio. “L’aborto è un dramma” è un assioma intoccabile, pena la scomunica. C’è però una differenza che va sottolineata. Io non voglio convincere nessuno della mia idea di vita o di libera scelta. Anzi, penso che tutte le posizioni siano lecite. Perché allora gli altri mi vogliono imporre i loro valori e mi vogliono obbligare a rispettarli?
Scritto da: caramella-fondente | 12/08/2009 a 00:58