Ieri sera ho rivisto in dvd, dopo tanti anni, Salvatore Giuliano. 
Da quando uscì (1962) sono passati quarantasei anni eppure il film non ha una ruga nè un grammo di adipe: resta forte, agile, muscoloso, attualissimo. 
La vicenda è, a grandi linee, presto detta: all'alba del 5 luglio 1950, viene ritrovato il cadavere del bandito siciliano Salvatore Giuliano, assassinato, ma la ricostruzione ufficiale non quadra per niente.
Per capire chi lo ha ammazzato e perchè, le due ore del film vanno avanti e indietro nel tempo, ricostruendo la tragica storia della banda Giuliano. Da cui emergono sempre più i torbidissimi intrecci con la mafia, la politica, il potere economico.
La parabola di Salvatore Giuliano fu emblematica dell'Italia e dei suoi misteri pubblici: un osceno viluppo di stragismo, corruzione, omicidi, omertà, interessi occulti, depistamenti, ipocrisie di regime, gelido cinismo, innocenti mandati al massacro. 
Da questa materia incandescente, Francesco Rosi realizzò un film formidabile, girato nei luoghi veri (Calstelvetrano, Montelepre) con la gente del posto mescolata ad alcuni bravissimi attori (Salvo Randone, Federico Zardi, Frank Wolff).
Una sceneggiatura incalzante (che negli anni seguenti fece da modello a molte ottime inchieste televisive), una regia potente che si esalta sia nelle scene di massa (la strage del primo maggio a Portella, il rastrellamento in paese) sia negli episodi notturni (la misteriosa suspense che precede l'omicidio di Giuliano), sia nelle rapide e scattanti sequenze d'azione. 
Un formicolio di personaggi e di fatti: perchè il film non ha un protagonista e lo stesso Giuliano si vede pochissimo e mai nitidamente.
Se si può usare la parola "capolavoro", la uso: Salvatore Giuliano è un capolavoro. Amato, onorato e imitato da decine di registi in tutto il mondo.
E guardandolo, io e Tatjana ci chiedevamo: "ma perchè mai all'inizio degli anni Sessanta il cinema italiano non prese questa strada? Perchè mai (fatte salve poche meritorie eccezioni...Pontecorvo, Lizzani, Petri, ovviamente Rosi 
) il cinema italiano dimenticò progressivamente la realtà? Lasciandola semmai alla commedia (Risi, Monicelli)? E si buttò invece sul western amatriciano, sul comico di serie Z, sulle masturbazioni intellettuali, sui giallacci fatti in serie? Perchè mai il patrimonio di grande realismo costituito da opere come (ne cito solo quattro) LE MANI SULLA CITTA', SALVATORE GIULIANO, LA BATTAGLIA DI ALGERI, IL CASO MATTEI non è stato utilizzato?"
Ma la risposta, ovviamente, la sapevamo: perchè quel cinema civile e intelligente avrebbe educato cittadini consapevoli e non consumatori passivi.
Operazione culturale che, in Italia, non è ammissibile.
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