Ieri sera abbiamo guardato Il nascondiglio di Pupi Avati. Del regista emiliano mi affascina la doppia anima: da un lato commedie graffianti e amare, dall'altro nerissimi thrilling. La casa dalle finestre che ridono, Zeder, L'arcano tentatore, il televisivo e terrificante Voci notturne (perchè non ne fanno un'edizione in dvd?!) restano fra gli horror (non solo italiani) più interessanti di questi decenni.
Anche Il nascondiglio (del 2007) è un film del mistero e di paura. Ambientato nell'Iowa, con una brava Laura Morante,
del tutto privo di effettacci truculenti, lascia brividi persistenti. L'avvio della trama è presto detto: nel 1957, in una casa di riposo per anziane, vengono commessi degli inspiegabili delitti che la polizia non riesce a decifrare. Mezzo secolo dopo, una donna (Laura Morante) viene dimessa dalla clinica psichiatrica in cui era stata ricoverata per una grave forma depressiva a seguito del suicidio del marito. Vuole realizzare il proprio sogno: aprire, lei italiana, un ristorante italiano. Le viene proposta (l'affitto è bassissimo) la vecchia casa disabitata dal 1957. Gli ambienti sono molto suggestivi, il prezzo superconveniente e così lei firma il contratto.
Non vi dico altro. Se non che secondo me uno (ma solo uno) dei possibili riferimenti e delle possibili chiavi di lettura del film è Il giro di vite di Henry James. Ma mia moglie Tatjana non era d'accordo con me.
Intanto qualcun altro ha trovato un nascondiglio.
E allora una mia amica ha scritto questa lettera al sindaco di Milano Letizia Moratti che gioca a nascondino.
Il 25 aprile 1945 chi le scrive aveva da poco compiuto cinque anni e si trovava in Romagna con i nonni, separata da tempo dalla sua famiglia dalla Linea Gotica che divise l’Italia e i nostri destini. Il 26, i partigiani entrarono a Torino e in quel giorno la sorellina, nata nel frattempo, compiva il suo primo anno di vita. L’esperienza terribile della guerra (quanti bombardamenti subiti a Torino!) e l’”abbandono” dei miei genitori, hanno segnato profondamente il mio percorso di vita. L’abbandono involontario e incompreso da una bimba di quattro anni, si tramutò poi al rientro in famiglia in una esclusione che perdura ancora e che mi ha resa agli occhi dei miei per sempre diversa. Quel vissuto però, oltre a contrarmi il diaframma in una morsa di paura, ha reso più acuta la mia sensibilità e sviluppato un profondo senso morale che mi fa onorare la pace e combattere l’ingiustizia. Figlia del popolo, ho potuto studiare e colmare quindi con la cultura il divario che mi discriminava rispetto ai miei coetanei agiati. Quella cultura che ho cercato di trasmettere ad altri, mi permette ora di leggere un segnale inquietante nella sua scelta di non partecipare alla celebrazione della festa della Liberazione che sta a testimoniare il riscatto morale di un popolo. Non tutto è stato limpido, non tutti i partigiani si sono comportati da eroi, ma nella stragrande maggioranza hanno dato la vita o l’hanno rischiata perché noi potessimo godere oggi di quella libertà che ha permesso a lei la sua discutibile scelta. Lei ha mancato di rispetto nei confronti di tanti suoi concittadini. Che lei viva dentro di sé a livello personale questo rifiuto della Resistenza (che ha visto allora una partecipazione corale di tutte la fasce sociali) per me è già triste, ma è oltremodo preoccupante che l’abbia manifestato nella sua veste ufficiale. Quando si ricoprono incarichi istituzionali, si acquisiscono doveri a cui non è possibile sottrarsi. Gli atei vanno in Vaticano, partecipano a funerali religiosi. Lei, magari a muso duro, con la sua fascia tricolore avrebbe dovuto esserci. Giovanna Falcioni
Tutto vero Luciano. Però forse la signora Moratti si ricorda dei fischi e degli insulti rivolti da quei geni dei centri sociali a suo padre - ex partigiano pure lui - alla manifestazione dello scorso anno.
Credo sia onesto ricordare questo fatto.
Scritto da: Eeka | 30/04/2008 a 11:18
Quella contestazione fu indecente. Ma un sindaco ha il dovere di rappresentare la città, anche se in un'occasione ha subito fischi e insulti.
Scritto da: luciano / idefix | 30/04/2008 a 12:08
E'vero. Ma nella lettera da te citata non se ne fa menzione di quel fatto. E - però può darsi che sia io a sbagliare e che mi sia sfuggita qualcosa - non mi pare che la Moratti "viva dentro di sé a livello personale questo rifiuto della Resistenza" o che abbia mai espresso pubblicamente tesi revisioniste o a favore dei repubblichini.
Ciò non toglie che sarebbe dovuta essere presente
Scritto da: Eeka | 30/04/2008 a 12:39
L'episodio di cui fu vittima la Moratti (con suo padre, partigiano e deportato a Dachau) fu indecente.
La Moratti non potrebbe mai vivere in sè stessa un rifiuto della Resistenza: la Resistenza l'ha respirata in casa.
Probabilmente vive un rifuto (che è anche il mio) per certi violenti teppisti di sinistra.
Per certe canagliette rosse (non di vergogna, purtroppo) che usano il 25 aprile come cosa loro.
Ha sbagliato a non andare? Sia.
Il Comune di Milano era comunque presente.
Lei non ha voluto.
Un po' la capisco.
Con certa gentaglia ho avuto a che fare pure io, da amministratore.
Non sono clienti facili.
Sulla vicenda Moratti ci ho scritto pure un post. Prima di sapere che il sindaco di Milano non avrebbe partecipato alla manifestazione del 25 aprile.
Scritto da: Tic-talkischeap | 30/04/2008 a 14:13
Molto d'accordo con te Talk
Scritto da: Eeka | 30/04/2008 a 14:42
caro Luciano, l'egregio Sindaco di Milano ha poi risposto alla lettera della tua amica?
Scritto da: valeria | 05/05/2008 a 18:27
Giovanna ci avrebbe subito girato l'eventuale risposta della Moratti.
Scritto da: luciano / idefix | 06/05/2008 a 14:31