Meglio i polizieschi nostrani oppure quelli esteri?
Montalbano è una specie di simpatico amico con cui vado a cena una volta all’anno e passo una piacevole serata, di De Cataldo m’ha entusiasmato solo ROMANZO CRIMINALE, il meraviglioso Pinketts degli esordi s’è perso per strada in troppi fumi alcolici, Carofiglio è bravo e gradevole ma non mi fa impazzire, Dazieri va a corrente alternata, Lucarelli non lo sopporto, Faletti è atroce, Fois non mi piace, Genna esagera e a volte è illeggibile, Altieri era esplosivo nei primi cinque/sei romanzi poi è diventato l’involontaria parodia di se stesso, Biondillo mi pare evanescente, Di Caro lo aspetto con fiducia, Loriano Machiavelli è il più grande di tutti e lo amo da trent’anni.
Ma nell’insieme, rispetto a romanzieri come Connelly, Lehane, Chattam, Ellroy, Pronzini, Block, Westlake, Lovesey, gli italiani hanno quasi tutti la sindrome del capolavoro. Nel senso che, volendo scrivere LETTERATURA col tutte le lettere MAIUSCOLE, eccedono in preziosismi da un lato e cadono in facilonerie dall’altro: gli manca il senso dell'umile e orgoglioso gusto per il lavoro artigianale. Perciò, se voglio passare un paio di ore avvincenti, di solito mi rivolgo con più fiducia agli anglosassoni o ai francesi (che hanno una grande tradizione di genere poliziesco e avventuroso).
Forse hai ragione a dire che gli italiani hanno la sindrome del capolavoro, hanno la tendenza a snobbare la letteratura di genere, che comunque frequentano. Penso anche ad una insicurezza dovuta all'instabilità del nostro mercato: il più scalcagnato autore anglosassone può contare su una distribuzione in mezzo mondo, a volte anche senza bisogno di traduzione, per un italiano è un sogno per lo più irrealizzabile.
Scritto da: gcanc | 18/09/2007 a 10:45
è la stessa tendenza nefasta che noto nel cinema italiano
Scritto da: Manfredi | 18/09/2007 a 11:37
Prendiamo uno come Simenon: una settantina di romanzi con Maigret (oltre a tutti gli altri senza il commissario). Bellissimi senza mai e poi mai voler pretendere A PRIORI di uscire dalla letteratura di genere e di consumo. Ma il risultato era eccellente.
E Hammett? E Chandler? E Mc Bain? E Sanantonio? E Westlake-Stark? E Chesterton? E la Rendell? E la Highsmith? Tutta gente che ha scritto romanzi e racconti polizieschi in quantità (oltre che in qualità) mirando a vendere copie per guadagnarsi il pane e il companatico. Ma che facendo così otteneva risultati eccellenti.
Senza mai atteggiarsi a guru della LETTERATURA mondiale, ma anzi rivendicando con orgoglio la propria funzione di onesti operai della macchina da scrivere. Che poi in questo modo creassero opere di grande livello dimostra che spesso la qualità vera e duratura sta negli artigiani e non negli ARTISTI che reggono solo lo spazio di una stagione.
Non dimentichiamo mai che Shakespeare non era mica un ARTISTA: era uno che si guadagnava la vita facendo lo sceneggiatore, l'attore e andando in giro per l'Inghilterra con la sua compagnia teatrale, con tanto di biglietto d'ingresso.
Scritto da: luciano / il ringhio di Idefix | 18/09/2007 a 12:03
Così come Bach e Mozart, Woody Guthrie e Bob Dylan degli esordi, Caravaggio e Ligabue, tutta gente che "artisteggiava" per passione o su commissione e metteva assieme il pranzo con la cena.
Scritto da: gcanc | 18/09/2007 a 12:38
E nel cinema? Da John Ford a Stanlio e Ollio?
E nel jazz? Louis Armstrong o Duke Ellington?
E nella fantascienza? Philip Dick o Fritz Leiber?
E nei fumetti? Pratt o Schulz o Gaiman o Pazienza?
Ahò!! Lo facevano pe' magnà!!
Scritto da: luciano / il ringhio di Idefix | 18/09/2007 a 13:05
Luciano
Siamo sulla stessa lungrazza d'onda: io amo le atmosfere forti e cupe dipinte però con una scrittura semplice e diretta quindi ben venga un bel giallo costriuto come dio comanda e4 che ti fa arrivare tutto di un fiato fino all'ultima pagina.
Non conosco Macchiavelli e mi hai dato una buona dritta. Il primo di faletti era ok il resto meno ma li ho finiti per curiosità. Lucarelli a volte annoia a volte no dipende dal titolo.
Scritto da: eddyrovonero | 18/09/2007 a 15:38
Sto giusto finendo A Sangue Freddo di Truman Capote. Può sembrare un reportage giornalistico scritto da un grande romanziere o un romanzo scritto come un reportage giornalistico: freddo, schematico, ma con una prosa da brivido ed un gioco di incastri narrativi eccezionale. Come si faceva una volta al Corrierone con gente come Dino Buzzati, quando si occupava di cronaca nera. Si è persa quell'abitudine.
Scritto da: gcanc | 18/09/2007 a 16:44
In un tuo post precedente hai parlato anche di John Carter di Marte. SOTTO LE LUNE DI MARTE è un libro eccezionale, avvincente,howardiano(nel senso positivo del termine) tra le cose migliori che abbia mai letto. Di quella saga ne ho letti solo due ( per la Newton). Sto cercando gli altri. Grande Barroughs!!!
Scritto da: eddyrovonero | 18/09/2007 a 17:14
trovi Luciano?a me pare che gli italiani frequentino la letteratura di genere con parecchio amore.
personalmente non mi fanno impazzire, sono abbastanza d'accordo con i tuoi giudizi.
Quello ch etro vo degli scrittori italiani che è non ci sono vie di mezzo, o troppa letteratura di genere, oppure categoria dei pretenziosi (e noiosi).
Uno che segnalerei è il giovane ( forse appena trentenne Mario Desiati, che ha scritto du elibri secondo me eccezionali:'Neppure quando è notte', e 'Vita precaria amore eterno'
Scritto da: laura | 18/09/2007 a 19:02
Accordo positivo per quanto riguarda "Romanzo criminale".
Pollice verso per Faletti e Lucarelli.
Grande Simenon,specialmente nei romanzi senza Maigret.
Poi Connelly nella serie "Bosch" e la super angosciante australiana-irlandese Pierce.
Saluti
Cristiana
Scritto da: niki | 18/09/2007 a 19:30
Scusa, non tmi conosci, ho visto la tua firma qualche volta sul blog di Giulio del Canada, volevo avvertirti di fargli una visita. ciao silvia
Scritto da: silvia | 18/09/2007 a 21:42
Mi segno Pierce e Desiati: grazie per le segnalazioni.
Corro da Giulio.
Scritto da: luciano / il ringhio di Idefix | 19/09/2007 a 08:54
Condivido in gran parte i tuoi giudizi, anche se io sono più severa nei confronti di Carofiglio, che trovo insopportabilmente vacuo. Biondillo scrive sempre lo stesso romanzo e neanche tanto bene.
Di DiCara non parlo perché lo amo alla follia e non sarei obiettiva.
Quello che io vedo nella letteratura di genere italiana non è tanto il compiacersi di scrivere "bella letteratura", difetto che è un po' di tutti gli autori italiani, quanto la pretesa di scrivere gialli o noir (come va di moda chiamarli adesso)senza conoscere le regole minime del genere.
Forse gli autori pensano che, essendo un genere popolare, sia più semplice e tutti possono cimentarsi, tanto è vero che è pieno di esordienti che scrivono noir con risultati in genere disastrosi.
Sono storielline esili esili, senza nessun mordente, senza coerenza interna, addirittura sconclusionate.
Difficilmente poi riescono poi a creare un'atmosfera, dei personaggi credibili. Sembrano tutte storie scritte con un occhio alla televisione, tutti i personaggi sono stereotipati e sembrano stare sulla pagina più per raccontarci quali sono i gusti e le manie dell'autore (la sua musica preferita, il suo piatto preferito, il suo aperitivo preferito... roba da chi se ne frega), che per avere un ruolo nella storia.
PS: comunque adesso sto leggendo un thriller americano, Il Giardiniere Notturno di George Pelecanos. Mi ero fidata della critica di Augias. Una delusione. A p. 200 ancora non si capisce dove va a parare la storia. Una noia mostruosa.
Scritto da: Eeka | 19/09/2007 a 09:36
Ah un'altra cosa. Penso che sul momento il più sopravvalutato autore "giallo" sia la francese Fred Vargas. Storie pretenziose e illogiche, i personaggi sono incredibili, le indagini pure di più. L'unica cosa decente è che nelle storie compare un gatto, che si chiama Palla
Scritto da: Eeka | 19/09/2007 a 09:39
La Vargas?!
Posso dirlo citando Fantozzi?
Una boiata pazzesca.
Ho provato a leggere tre dei suoi libri e ogni volta ho ceduto alla noia più noiosa dopo una ventina di pagine.
Scritto da: luciano / il ringhio di Idefix | 19/09/2007 a 09:46